Antonio Iovine. La scelta di collaborare

L’importante decisione della mente economica dei Casalesi

Il boss Antonio Iovine, considerato uno dei quattro capi del clan assieme a Francesco Bidognetti, Francesco Schiavone e Michele Zagaria, arrestato dopo quattordici anni di latitanza nel 2010 e dopo aver scontato quattro anni di carcere duro, la mente economica della camorra collabora da qualche tempo con la giustizia. Datosi alla fuga nel 1996 e inserito nella lista dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia,  Il 19 giugno 2008, nel processo d’appello del maxiprocesso Spartacus, Iovine viene condannato all’ergastolo, insieme ad altri componenti del clan dei Casalesi.

Rivelazioni importanti da quello che è considerato come il ministro dell’economia del sistema, capace a differenza di altri pentiti di far tremare quella parte di imprenditoria e politica collusa, «Sto spiegando un sistema di cui la camorra non è l’unica responsabile. C’erano soldi per tutti in un sistema particolarmente corrotto. C’erano dei sindaci che avevano interesse a favorire imprenditori collusi con il clan per avere dei vantaggi durante le campagne elettorali in termini di voti e finanziamenti. Non aveva importanza il colore del sindaco perché il sistema era operante allo stesso modo». Chiunque fosse diventato sindaco, infatti, sarebbe «entrato automaticamente a far parte di questo sistema gestito da noi».

Escono fuori anche i nomi e le cifre in un meccanismo che ha definito come la «mentalità casalese inculcata fin da giovani, la regola del 5 per cento, della raccomandazione, dei favoritismi, la cultura delle mazzette e delle bustarelle che, prima ancora che i camorristi, ha diffuso nel nostro territorio lo Stato, che non ha offerto delle possibilità alternative e legali alla popolazione. Le nostre condotte sono anche conseguenza di questo abbandono che abbiamo percepito da parte dello Stato».

Nessuno si è opposto a questo sistema secondo Iovine, neanche chi sapeva e avrebbe potuto agire. «Anche la parte politica che dovrebbe rappresentare la parte buona dello Stato è stata quantomeno connivente con questo sistema se non complice. Sicuramente era del tutto consapevole di come andavano le cose […] era noto a tutti che, per esempio, la ditta per le refezioni scolastiche era un’impresa di Antonio Iovine, eppure nessuno si è mai opposto a questo sistema. Per esempio a San Cipriano una personalità come Lorenzo Diana, che pure ha svolto un’azione politica dura di contrasto alla criminalità organizzata anche facendo parte della Commissione Antimafia, ha permesso che noi continuassimo ad avere questi appalti anche quando erano sindaci Lorenzo Cristiano e Angelo Reccia, della sua stessa parte politica».

Per non parlare dei milioni di euro finanziati dal ministero dell’Agricoltura per il rimboschimento nell’Alto Casertano, finiti a quanto pare nelle mani della camorra: «Si trattava di lavori appaltati attraverso finanziamenti del ministero dell’Agricoltura e Vincenzo Della Volpe ottenne di essere colui che avrebbe gestito i relativi appalti per conto dei clan. Utilizzò anche imprese del Napoletano, vivai che avevano le categorie giuste per accedere a questi finanziamenti. Se non sbaglio questi finanziamenti si riferiscono al periodo in cui il ministro dell’Agricoltura era Alemanno e ricordo il particolare che il ministro venne a San Cipriano per una manifestazione elettorale al cinema Faro su invito di mio nipote Giacomo Caterino, anche lui impegnato in politica, tanto che è stato candidato alle elezioni comunali e provinciali ed è stato anche sindaco di San Cipriano».

Ci si aspetta da Iovine una collaborazione che si spera porti a nomi e fatti concreti.

Nel frattempo in attesa del primo interrogatorio, quel che rimane certo è il messaggio che Iovine ha ricordato, ossia quello che la mafia non è entità circoscritta, ma connivenza e mentalità di uno Stato.

di Simone Cerulli

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