Scontro tra titani: per gli studenti italiani la mafia è più forte dello Stato

Barbara

L’indagine realizzata dal Centro Studi Pio La Torre rivela una sfiducia generazionale verso la politica italiana.
C’è bisogno di speranza nella lotta intestina che turba lo Stato, quella fra corruzione e legalità. Ma anche di fiducia verso le istituzioni, la cui fragilità è percepita oggi dai suoi cittadini più acerbi. E’ quanto emerge dall’indagine del Centro Studi Pio La Torre di Palermo, attraverso dei questionari sottoposti a circa duemila studenti di tutta Italia, fra istituti superiori ed università. L’indagine è stata presentata giovedì 14 aprile alla Commissione Nazionale Antimafia, a Roma, alla presenza del Presidente della Commissione Rosy Bindi, che parteciperà anche il prossimo 30 aprile all’iniziativa in ricordo del 34° anniversario dell’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Giunta alla sua decima edizione, l’indagine ha illustrato l’incertezza dei giovani verso il proprio futuro e la forte, quanto drammatica, consapevolezza che ancora oggi la mafia orchestra gran parte degli equilibri del nostro paese, dall’economia alle infrastrutture. Perché la scuola, abitualmente chiamata all’istruzione, interpreta questo messaggio? Secondo il test, sono proprio gl’istituti scolastici la principale cassa di risonanza sui temi della legalità, ottenendo circa 62,65% come luogo maggiormente deputato ad affrontarli. “I risultati delle risposte complessive degli studenti – sottolinea Vito Lo Monaco, Presidente del Centro Pio La Torre – da un lato offrono uno spaccato dell’evoluzione della loro percezione sulla negatività del fenomeno mafioso e del loro rifiuto di incontrarlo; dall’altro mostrano quanto sia cresciuta in questi giovani la consapevolezza che corruzione, mafia e politica sono strutturalmente sempre più collegate, che una rivoluzione legalitaria è necessaria per lo sviluppo del paese”. Se è vero infatti che i giovani riconoscono con maggiore facilità un reato di stampo mafioso, allo stesso modo si è fortificata la loro consapevolezza in una lotta necessaria affinché il Paese possa debellare il virus della criminalità organizzata. Un rovescio della medaglia perciò duro, che mostra molte incertezze ma altrettanta voglia di reagire, con una rappresentazione che, proprio in nome delle generazioni che verranno, va ridisegnata con i colori della legalità. A macchia d’olio, la sfiducia dei giovani si riversa anche nella percezione della propria carriera lavorativa, sottilmente coinvolta da attività note alle associazioni mafiose. “Si prenda la domanda su quali siano le attività illegali che rappresentano campanelli d’allarme della presenza mafiosa sul territorio – sottolinea Alberto Vannucci, docente di scienza politica all’Università di Pisa – dopo le attività criminali più tradizionali (spaccio di droga per il 46%, rapine per il 17%, estorsioni per il 7%), sono i segni del “degrado quotidiano” a inquietare di più gli intervistati (lavoro nero per il 15%, abusi edilizi per l’8%), e poi la pratica della corruzione, sia degli amministratori pubblici (9% delle risposte) che degli elettori (6%) tramite il voto di scambio e la compravendita del voto”. Il risultato complessivo è uno scetticismo complessivo nei confronti della classe politica (84.7%), il 48% degl’intervistati inoltre ritiene che la mafia sia più forte dello Stato, mentre solo il 31,50% considera possibile sconfiggerla definitivamente. L’esito che più intimorisce, però, è un altro: piaga sociale e storicamente combattuta, la mafia non può uccidere i sogni dei giovani italiani. Il successo dell’indagine del Centro Studio Pio La Torre, perciò, va riposto altrove, rivelando la grande responsabilità che la scuola svolge per i ragazzi. Attraverso il dibattito fra gli alunni e i docenti, la scuola può instradare i giovani ad un futuro migliore con un’educazione all’etica della legalità. Un insegnamento che poi i ragazzi, in nome di un futuro migliore, dovranno edificare al di fuori delle mura scolastiche.

di Barbara Polidori

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