Shopping compulsivo

Antonella

Sì all’Amministratore di sostegno per  il compratore patologico che vive al di sopra delle proprie carte di credito.

Il rapporto con lo shopping può assumere forme diverse che possono anche non avere nulla a che fare con l’esigenza di acquistare qualcosa che necessita. In alcuni soggetti la passione per lo shopping assume caratteristiche nevrotiche, segnate da desideri insopprimibili di possesso nei confronti dell’assoluto superfluo. E in tali casi l’istantanea gratificazione aiuta a superare le peggiori frustrazioni. C’e’ sempre un modo per convincersi che il più inutile degli acquisti sia un affare da non lasciarsi sfuggire, se non addirittura un investimento. Poco importa se poi subentrerà il senso di colpa e se l’estratto conto farà paura.
Si ricorrere allo shopping come forma di compensazione di un disagio psicologico ed emotivo più profondo. Ciò che in psicologia è etichettato come “shopping compulsivo”, quando lo shopping viene utilizzato, ad esempio, per premiarsi o per consolarsi o, ancora, come una forma di anestesia per combattere uno stato d’ansia, segnale di un disagio esistenziale più profondo.
Se oggi, sono sempre più le persone che chiedono aiuto ad uno psicologo o ad uno psicoterapeuta nel momento in cui la propensione allo shopping si trasforma in dipendenza, sofferenza e disagio, non solo economico, sul piano giuridico l’esplorazione di negozi, unitamente all’incapacità di controllare impulsi forieri di conseguenze spesso nefaste (indebitamento, sovraindebitamento, usura etc.), genera il problema della tutela giuridica dei soggetti che manifestino un rapporto distorto con gli acquisti e i relativi atti di disposizione patrimoniale.
Da oggi, nei casi di conclamato “shopping compulsivo”, si ha diritto alla nomina di un amministratore di sostegno per consentire il recupero di un sano rapporto con il denaro.
È quanto ha statuito il Tribunale di Varese, con la sentenza 03 ottobre 2012 nei confronti della persona affetta da tal disordine comportamentale, con la nomina di un’amministrazione di sostegno, quale misura alla irrefrenabile, intrusiva ed insensata propensione al consumo di denaro ed all’acquisto di beni voluttuari.
Nel caso in esame, una giovane donna, affetta da shopping complusivo, aveva comperato, beni di consumo, per una cifra pari a 500 euro al giorno, utilizzando una carta di credito, priva di tali importi, contraendo debiti, per oltre cinquanta mila euro. Alla luce di ciò, il Giudice adito, anche a seguito della richiesta della madre, che nel frattempo si era fatta carico del pagamento dell’ingente debito contratto dalla figlia, ha ritenuto necessaria ed indifferibile la nomina di un amministratore di sostegno e di un relativo programma deputato a far recuperare alla donna, un sano rapporto con il denaro.
Così facendo, nel richiamare la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, il Tribunale di Varese, ha ampliato anche alle persone affette da shopping compulsivo, le norme previste dall’ordinamento per la tutela e la salvaguardia della persona incapace, disponendo stringenti misure di sorveglianza. In particolare affidando all’amministratore di sostegno l’incarico di fissare ed autorizzare rigidi tetti di spesa quotidiana, settimanale e mensile per la giovane affetta da shopping compulsivo e di predisporre un piano per la graduale diminuzione degli importi destinati a soddisfare l’immotivato desiderio di acquisto. Ciò al fine di stimolare nell’incapace il recupero di un equilibrato rapporto con il denaro ed il ripristino di una razionale propensione al consumo di beni voluttuari.

di Antonella Virgilio

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