L’omicidio di Lorenzo Panepinto

Mario Guido Faloci

Il 16 maggio 1911, a Santo Stefano Quisquina (Ag)

Personalità eclettica, indole d’artista e passionalità politica, Lorenzo Panepinto ebbe una vita molto intensa: fondatore di movimenti politici locali e più volte consigliere comunale del suo paese, fu direttore del giornale locale La Plebe, membro del Comitato della Federazione Regionale Socialista, fu anche maestro elementare (licenziato dal comune, per aver aderito al partito).
Venne ucciso di sera, davanti alla porta di casa, in una piazza affollata, mentre era in compagnia di due amici e mentre conversava coi passanti, ma il suo omicidio restò impunito.
Spesso, si raccontano tanti luoghi comuni sulla loro mentalità, ma a scavare nelle storie di molte vittime di mafia, ci si accorge che anche sotto il neonato Regno d’Italia, tra i siciliani non è mai mancato chi volesse impegnarsi per cambiare le cose. Ed è bene ricordarsi che quasi tutti gli assassinati, quasi tutti coloro che alzarono la testa e si opposero alla mafia, pagando con la vita il proprio impegno, erano siciliani.
E’ emblematico vedere come anche con l’arrivo della giustizia piemontese, persino degli omicidi efferati, come quello del Panepinto, non ebbero condanna: là dove ci furono uomini che s’impegnarono e che morirono per difendere i più deboli, alla violenza mafiosa diede sostegno e copertura la convenienza politica.
Lorenzo Panepinto, da mazziniano, aveva visto l’autorità centrale sciogliere per ben due volte il consiglio comunale del suo paese, perché vi erano stati sconfitti i liberal-moderati; aveva visto reprimere, per decreto, il movimento dei fasci siciliani cui aveva aderito. Ed aveva perso il lavoro d’insegnante, per rappresaglia politica, dopo essersi impegnato nel partito socialista.
Ma poiché nulla era valso ad annullare la sua volontà di cambiare le cose e di difendere i diritti dei contadini e dei braccianti, fu assassinato dalla mafia. Ed il Governo del Regno Sabaudo, invece che assicurare giustizia, mandò assolti i mandanti e persino gli esecutori anche di quell’omicidio, per l’ennesima convenienza politica.
Spesso si sentono dire molti luoghi comuni sui siciliani, ma il martirio di persone come Lorenzo Panepinto, raccontano che spesso la volontà di elevarsi dalla condizione di sfruttamento e di sudditanza alla mafia, più che dalla violenza della malavita, è annientata da una volontà politica che non nasce da quella regione.

di Mario Guido Faloci

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