Berlinguer

Carlo

Quando sai di avere avuto la fortuna di vivere altri tempi, tempi in cui si pensava di costruire insieme un futuro migliore per tutte le donne e gli uomini della terra …

No, non riesco a mettere sullo stesso piano i politici del mio passato con le figure che oggi imperversano sulla scena. E non è per vecchiaia.

Volevo ricordare Enrico Berlinguer, che morì l’11 giugno 1984. Una persona

di cui anche un dissacratore come Indro Montanelli ebbe a scrivere: “Un uomo introverso e malinconico,di immacolata onestà e sempre alle prese con una coscienza esigente, solitario, di abitudini spontanee, più turbato che allettato dalla prospettiva del potere, e in perfetta buona fede di cui ci resta un programma sociale, politico, economico, etico e morale non scritto, basilare per il futuro democratico e di progresso del nostro paese”.

Sarebbe bello, se queste cose si potessero dire anche oggi.  Se, come nel passato, avessimo la fortuna di avere statisti che progettavano un futuro internazionale di sviluppo, di crescita economica e culturale. Un futuro radicato su ideali  (oggi fa comodo sminuirli a ideologie) e costruito   non su quello che “è elettoralmente conveniente” ma su quello “che è giusto”.

Mentre  oggi abbiamo partiti che non meritano neppure l’astensionismo.

Come il Partito Democratico che ora nasconde anche gli 8 punti su cui nel 2013 ha chiesto il voto ed eletto i parlamentari. Non li ho più trovati sul sito, sono stato costretto a cercarli nell’archivio (e li voglio ricordare, forse  per l’ultima volta, a chi li votò: 1- Meno austerità, 2- conflitti di interesse, 3- lavoro e welfare, 4- economia verde, 5- riforma della politica, 6- diritti, 7- giustizia ed equità, 8- istruzione e ricerca).

Come la Lega Nord che nacque con Bossi (si vantava di essere figlio di partigiano) e, dopo le spinte autonomiste verso la Padania, accettò il centralismo di Arcore; ed ora con Salvini costruisce il consenso negando accoglienza ai migranti  ed alleandosi con i neofascisti di “Fratelli d’Italia”.

Come il fu Popolo delle Libertà, ultima sigla di una “rivoluzione liberale” mai attuata e probabilmente mai voluta, comodo paravento a difesa di interessi padronali ed antipopolari. Oggi ridotto a spezzoni che vanno dalle speranze di un Nazareno (bis o ter o quater, fate voi) al supporto di maggioranza alle riforme del governo;  dalle coperture verdiniane di malversazioni bancarie alle speranze di una futura nuova stagione di alleanze con Renzi (favorita dal meccanismo anticostituzionale dell’Italicum) in funzione anti M5stelle.

Come lo stesso Movimento5Stelle, nato come strumento di democrazia diretta, di spinta per la realizzazione di cose concrete, all’origine rappresentate dalle 5 stelle..(ricordate? 1-Acqua, 2 -Ambiente, 3-Trasporti, 4- Sviluppo, 5-Energia). Ma che adesso sta diventando partito. Un partito con la stessa degenerazione dei gruppi extraparlamentari degli anni sessanta.

Un partito che, a differenza di quelli, ha raccolto un fortissimo consenso, convogliando più che legittime voci di protesta, istanze di onestà, richieste di competenza sui problemi da affrontare.

Peraltro con una democrazia diretta che sembra sempre di più uno strumento elitario, con la necessità di esprimersi con un programma generale, con la difficoltà di resistere agli ammiccamenti del vecchio sistema politico.

No, veramente, Enrico Berlinguer è lontano, tanto lontano dalla politica del presente. Anni luce, per ideali, per passione, per serietà.

Lui che a 22 anni, nel 1944, si fece quattro mesi di carcere per essere stato considerato il promotore e l’agitatore dei movimenti in Sardegna per la fame, con assalti e saccheggi ai forni. Dalla parte della povera gente, insieme ad essa. Come sempre nella sua vita.

Lui che all’interno del PCI svolse la sua crescita con alternanza di responsabilità centrali (dal 1949 al 1956 segretario nazionale della FGCI (Federazione Giovanile Comunista Italiana, nel 1957 segretario della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica) e di confinamenti periferici negli anni sessanta (alla scuola di partito delle Frattocchie, vicesegretario alla federazione Sardegna, segretario alla federazione Lazio).

Lui che cresceva come statura politica nel PCI, e nel 1969 veniva nominato vicesegretario nazionale (il segretario era Luigi Longo, ormai malato) con una sorta di primarie alla direzione del partito (l’altro candidato era Giorgio Napolitano).

Lui che nel 1972 fu nominato segretario nazionale del PCI, ed iniziò un percorso di rinnovamento nel mondo comunista, culminato nel 1982 con la dichiarazione che era ormai esaurito lo slancio propulsivo della rivoluzione d’ottobre. Ma non era solo una affermazione  di principio che faceva seguito ad una prospettiva di “terza via” pensata per i partiti comunisti di Francia, Italia e Spagna. Era, soprattutto per l’Italia, l’inizio di un percorso di mutuo riconoscimento con il mondo cattolico del Concilio Vaticano Secondo.

Ne era riferimento convinto e illuminato Aldo Moro, che riservatamente ebbe una serie di incontri  con Berlinguer, in particolare nel 1974. E che riuscì a portare il suo partito, la DC, verso ipotesi di “compromesso storico”.

Ma le speranze della concretizzazione di un incontro che oggi, con le parole di papa Francesco, si chiamerebbe “Nuovo Umanesimo” finirono presto. L’uccisione di Moro nel 1978, ad opera delle brigate rosse”,  le resistenze della parte più conservatrice della Dc e, dopo la morte di Berlinguer, anche di

parti importanti del PCI, ma soprattutto il cancro della “questione morale” ne furono elementi determinanti.

Già, la questione morale. L’intervista di Berlinguer a Scalfari su “La Repubblica” del 28 luglio 1981 è un documento che dovrebbe essere letto in tutte le scuole superiori. Ci sono espressioni che fotografano una realtà “in fieri”, come:

“I partiti non fanno più politica”..

“I partiti di oggi sono soprattutto macchina di potere e di clientela”..

“I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la RaiTv, alcuni grandi giornali”..

Espressioni pesantissime.

Ed erano del 1981.

E la questione morale  era solo agli esordi (il primo governo Craxi è del 1983).

E Berlinguer, allora, si poteva ancora permettere di indicare la “diversità” del suo partito.

Ed oggi, siamo incapaci anche solo di pensare, con Montanelli, che possa esserci un programma sociale, politico, economico, etico e morale non scritto, basilare per il futuro democratico e di progresso del nostro paese.

di Carlo Faloci

Print Friendly, PDF & Email