Gomorra 2. Una fiction in cui vince il “male” o un prodotto mal interpretato?

Barbara

Si è chiusa nella serata di martedì 14 giugno la seconda stagione di Gomorra – La serie. Pioggia di critiche sul finale shock

Boom di ascolti per le ultime due puntate di “Gomorra – La serie”, andate in onda su Sky nella serata di martedì 14 giugno. Un successo che ha letteralmente tenuti incollati alla poltrona ben 1.190.140 spettatori medi, aggiudicandosi per cui il titolo di fiction più acclamata di Sky. Un’affezione seriale che è progredita e si è alimentata non solo intorno ai personaggi della prima stagione, tornati in questa più cinici e tenebrosi che mai, ma stagliandosi anche con le new entry. Proprio loro, inaspettatamente, hanno guidato la trama e ne sono uscite, chi più chi meno, “illese”. Se nella prima stagione infatti era Donna Imma l’imponente regina del mondo sommerso, le donne di Gomorra hanno giocato stavolta un ruolo ancor più predominante: a partire Patrizia che, da agnello in mezzo ai lupi, si è rivelata invece quella “leonessa” che persino il boss protagonista sbeffeggiava e derideva, prendendola poi sotto la sua ala; Marinella che, taciturna e apparentemente servizievole Penelope da fuori le sbarre, si ribella all’oppressione di un regime malavitoso, arrivando coraggiosamente a denunciare la sua “matrona”; e, per rimanere in tema, uno dei personaggi più discussi della serie, Scianel, unica superstite dell’Alleanza, finita in carcere per la denuncia appunto di Marinella, una scelta che inconsapevolmente l’ha sottratta alla strage sanguinolenta dei Savastano. Sono le donne di Gomorra a dipanare la trama, a guidare lo spettatore lungo un labirinto di tradimenti, a smuovere i personaggi verso l’evoluzione  o, come per Ciro dopo aver ucciso sua moglie, alla degenerazione del “male”. Ma a calamitare le critiche non sono solo i ruoli di “diavolo e acqua santa” impersonati dalle donne della serie, ma il contraddittorio sorto proprio nell’ultima puntata. Una scelta che ha trovato il dissapore di molti spettatori, che chissà cosa pensavano di star vedendo sui propri schermi: nell’ultima puntata infatti Don Pietro Savastano, puntando al cuore del suo rivale, incarica di ucciderne la figlia, una bambina. Decisione eccessiva da rappresentare in prima serata? Forse, ma c’è da precisare: se pensavate che Gomorra fosse un prodotto di fantasia, nato da un romanzo e scritto per il semplice fine dell’intrattenimento,  probabilmente avete sbagliato a giudicarlo. Certo, non c’è nessun intrattenimento nel vedere uccisa una bambina, ma c’è racconto verosimile sul modo, sulla mentalità senza scrupoli ed etica di chi lo fa. Una perversione che non ha impedito (contrariamente a quanto solito dire un certo comico, a capo di un movimento politico) a mafiosi e camorristi di sfogare la propria violenza sui bambini. Non è romanzo, non è fantasia: è ciò che succede davvero su strada, e Gomorra lo interpreta, utilizzando lo schermo per catapultare quella verità nel salotto degli italiani. Non c’è nulla di giusto in tutto ciò, ma bisogna saperlo. Così come non c’è nulla di giusto nel cercare il perdono o la protezione della religione prima di commettere un omicidio, come rappresentato nella serie dove Malammore, prima di uccidere la bambina, bacia un crocefisso. Eppure, non è un mistero che molti camorristi siano devoti religiosi, non è un segreto e non va censurato per far piacere ai deboli di cuore. Così come non va taciuta la crudeltà che Gomorra intende raccontare. Alcuni telespettatori si sono risentiti di questa insensibilità d’immagine, altri accusano Gomorra di aver innalzato i criminali come figure mitologiche ed eroiche, di avergli fatto un favore di popolarità. Non c’è nulla di eroico nell’uccidere una bambina, così come una madre di famiglia. E non serve parteggiare per Pietro Savastano o Ciro Di Marzio. È una questione di etica e buon senso, di non confondere la realtà con la finzione. Un effetto che forse, in poco, possiamo dire Gomorra porti a confondere: perché se è vero che i Savastano, che i ragazzi del vicolo, O’ Principe e tutti i clan siano frutto di fantasia, purtroppo quello che succede a Secondigliano (dove l’Alleanza esistette davvero alla fine degli anni 80’), alle Vele e persino fuori da Napoli… quello è vero. Ed è di quello che dovremmo avere paura. Non di una serie tv.

di Barbara Polidori

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