Elezioni comunali: il tramonto che insegue l’alba

Tavani

Morti per le strade e sui social media, una vera e propria carneficina di menti e sensibilità epidermiche. È un’alba – se si vuole anche sci-alba – ma si muore in essa, se si rimane con il pensiero e la pelle addirittura a prima del tramonto che l’ha preceduta. La causa della moria e dell’alba non sono però i vincitori, i nuovi eletti, essendone – semmai – essi stessi un effetto. Effetto inevitabile: con presupponenza non si è voluto e si continua a non volerlo vedere. Il numero dei decessi è così destinato ad aumentare.

È la moria non tanto crono-astrologica di un secolo, quanto di ciò che esso ha grandiosamente e tragicamente trascinato con sé nel Gran Canyon della Storia e che ora sta diventando polvere per un film d’epoca. La Politica – quale suprema arte architettonica, secondo la definizione di Aristotele – è al tramonto. Al tramonto nella terra destinata già nel nome al tramonto: l’Occidente. La moderna democrazia – apice della filosofia e della prassi politica occidentale – non può che seguire tale declino.  La tecno-scienza ascende all’Olimpo della civiltà e il suo stesso apparire decreta la moria dei vecchi idoli, sparge la morte lenta ma inesorabile della fede in essi e dei loro fedeli che ancora non si rassegnano e – ciechi, sordi – si ostinano a celebrarli.

La clamorosa vittoria elettorale del Movimento Cinque Stelle, innanzitutto a Roma e Torino e poi in altri 38 Comuni, è uno dei segni del grande cambio-scena d’epoca. L’accusa che gli è rivolta dai perdenti di avere raccolto – soprattutto nei ballottaggi – voti da ogni vecchio settore politico è anch’essa orba e sorda. Innanzitutto la stessa ambizione l’ha coltivata Matteo Renzi con il cosiddetto Partito della Nazione. I suoi candidati alle comunali dovevano battezzare la prima scomposizione territoriale dei tradizionali schieramenti elettorali per ricomporli attorno a questo nuovo polo post-ideologico. Tentativo fallito su tutta la linea, perché anche a Milano – dove il candidato governativo alla fine ha prevalso – la vittoria è stata faticosamente conseguita solo retrocedendo precipitosamente dalla linea del Partito della Nazione, ripiegando su accordi formali e informali con le liste della sinistra e del Partito Radicale.  Questo è quello che più di tutto brucia a Matteo Renzi: che Beppe Grillo sia stato più bravo di lui a fare incetta di voti da ogni parte.

La differenza, però, non sta nella maggiore abilità propagandistica, di comunicazione, suggestione emozionale dei vincenti. No, la differenza sta davvero nel fatto che il Movimento 5 Stelle è originariamente, strutturalmente un organismo non solo post-ideologico ma anche post-politico e post-democratico. Questo non significa che esso non continuerà a fare politica e a praticare forme di democrazia interna ed esterna. Significa che geneticamente è nato per incarnare quell’essere “oltre” il tramonto della politica e della democrazia, nel quale l’Occidente si è già addentrato e verso cui si sta pienamente dirigendo.

Il Partito delle Nazione vuole determinare una sua egemonia post-ideologica attraverso la vecchia prassi di alleanze politico-istituzionali al vertice, le quali, poi, dovrebbero cancellare le classiche frontiere elettorali alla base della società e riconfigurarle secondo il nuovo disegno strategico. Il Movimento 5 Stelle, invece, con la sua stessa presenza e iniziativa, vuole mostrare che le frontiere sono già oggi – anzi, da ieri – completamente sfondate ed esso rappresenta da solo – senza alcuno schema di alleanze – una loro definitiva s-configurazione. I partiti costringevano l’elettorato dentro obsoleti confini, anzi recinti per bestiame, dei quali l’apparizione stessa del Movimento viene a mostrare improvvisamente tutta la decrepitezza. Così la confluenza di voti da ogni parte è più propriamente il loro oggettivo precipitare dentro un crogiuolo incandescente che li fonde, per conferire loro un’inedita forma di valore per inusitati modi di tecno-governo statale e sociale.

L’isteria cieca con la quale le altre forze hanno pensato di combattere il M5S non ha consentito loro di comprendere tale profondo sommovimento storico. Solo Matteo Renzi sembra essersi reso conto – fulmineamente in ritardo – di quanto avvenuto a risultati ancora non definitivi. Possiamo essere certi che egli cercherà di fare tesoro dell’amara lezione e di contendere ai nuovi vincitori il loro stesso terreno. Terreno che ha però ha sotto di sé una stratificazione sotterranea che poco si lascia raggiungere dalla sua turbo-superficialità.

C’è da dire infine che neanche il mondo della cultura e dell’informazione ha brillato nell’offrire analisi e strumenti di comprensione, rivolte non solo e non tanto alle tradizionali forze politiche del Novecento, quanto alla società, ai cittadini, agli elettori. Proprio quest’ultima grave mancanza sta generando, nella polis, la diffusa moria di menti e sensibilità rimaste legate ancora ai tramontanti paradigmi della loro fede.

di Riccardo Tavani

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