Stampa on line: non valgono le stesse regole della stampa su carta

Antonella

Stampa on line: non valgono le stesse regole della stampa su carta

Esclusa la responsabilità del direttore per il post del lettore

Il direttore di una pubblicazione on-line non risponde penalmente ex art. 57 c.p. per omesso controllo sul contenuto dei commenti lasciati dagli utenti

Corte di Cassazione  Penale – Sezione V – Sentenza  29 novembre 2011 n. 44126

Il direttore dell’edizione on-line di un periodico non è responsabile per i post diffamatori lasciati dai lettori. Non può essere imputato per diffamazione, perchè non può impedire preventivamente i post offensivi.

Lo ha sancito la Corte di Cassazione che, con  la Sentenza  n. 44126 del 29 novembre 2011 ha assolto l’ex direttore dell’edizione elettronica dell’Espresso con  la seguente motivazione: “Impossibile impedire preventivamente la pubblicazione di commenti diffamatori“.

La Corte di Cassazione nega infatti la possibilità di estendere alle pubblicazioni on-line quanto previsto per le pubblicazioni su carta, ribadendo quanto aveva già stabilito con la decisione n.35511 del 16 luglio 2010, e cioè che la stampa via Internet non può ricadere nel raggio d’azione della legge 47/1948 (disposizioni sulla stampa), nel caso del reato di diffamazione previsto dall’articolo 57 del codice penale.

In particolare, la condotta omissiva di cui all’articolo 57 c.p. consisterebbe, per il direttore responsabile, nel non attivare i dovuti controlli per evitare che, col mezzo della stampa e sul periodico da lui diretto, si leda dolosamente la reputazione di terze persone, ovvero nella inosservanza di norme che devono regolare la sua condotta e che gli impongono, per le funzioni che gli competono, la vigilanza ed il sindacato sul materiale da stampare, al fine di impedire che vengano commessi reati.

Il problema della equiparazione dei giornali telematici alla stampa si è posto dopo l’approvazione dell’articolo 1 della legge n. 62 del 2001 che definisce il prodotto editoriale come “il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico”.

Poiché il comma 3 dell’articolo 1 della legge prima citata stabilisce che “al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2 della legge 8 febbraio 1948 n. 47” – dunque detto prodotto deve indicare, tra l’altro, “il nome del direttore o del vice-direttore responsabile” – e che “il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto è sottoposto altresì agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima legge n. 47 del 1948” – quelli che disciplinano l’obbligo di registrazione presso la cancelleria del Tribunale – si è pensato che la norma dell’articolo 57 c.p. fosse applicabile anche al direttore ed al vice direttore responsabile del giornale on-line.

Sul punto, secondo il Tribunale di Firenze (sentenza 13 febbraio 2009), è configurabile il reato di diffamazione a mezzo stampa quando la divulgazione delle notizie lesive avvenga tramite una testata telematica, stante l’applicabilità a tali fattispecie della disciplina sulla stampa e stante la riforma della nuova legge sull’editoria che ha esteso la definizione di prodotto editoriale alle pubblicazioni divulgate con il mezzo elettronico, aggiungendo che qualora la diffamazione avvenga tramite commenti inseriti on-line dei quali sia ignoto l’autore, il direttore responsabile della testata telematica risponde del reato di diffamazione, ove le affermazioni lesive rimangano in rete per un lasso di tempo sufficiente ad esercitare il dovuto controllo.

In particolare, il Tribunale ha sostenuto che “anche il giornale on-line ha un suo direttore responsabile ed un editore che devono essere riportati sul sito web” e che “ragionando in questi termini, nel caso di diffamazione commessa con il mezzo di un giornale telematico, non possono non richiamarsi le norme del codice penale in materia di stampa, ossia l’art. 595 comma 3 c.p. e l’art. 57 c.p.”

Ebbene la Suprema Corte interviene a sancire che la normativa penale della stampa non è applicabile ai giornali telematici.

Gli Inquilini del Palazzaccio seguendo la rigorosa interpretazione dell’articolo 1 della legge n. 47/1948, sottolineano in proposito l’assenza delle due condizioni essenziali per parlare di stampa in senso giuridico: la riproduzione tipografica e la finalità della pubblicazione attraverso una effettiva distribuzione tra il pubblico.

Le riviste on-line e in genere le pubblicazioni fatte veicolare mediante la rete informatica difettano di entrambi i requisiti perchè “non consistono in molteplici riproduzioni su più supporti fisici di uno stesso testo originale“, e perchè vengono diffuse “non mediante la distribuzione“. Ciò posto, carenti tali imprescindibili condizioni, la normativa penale della stampa non è applicabile, ai giornali telematici.

Più precisamente “il testo pubblicato su internet esiste, quale luogo di divulgazione della notizia, solamente nella pagina di pubblicazione, anche se può essere visualizzato sugli schermi di un numero indefinito di dispositivi hardware”.

In particolare le Eminenze Grigie hanno rilevato che la diffusione del periodico avviene “attraverso la visualizzazione del suo contenuto attraverso terminali collegati alla rete, non diversamente,  “da quanto avviene per le notizie trasmesse dai telegiornali, che vengono visualizzate sugli apparati privati dei telespettatori”.

Sul punto giova rilevare che per orientamento della stessa Corte di Cassazione, confermato dalla II sezione penale nella sentenza n. 34717/2008, l’articolo 57 c.p. è dettato “esclusivamente per i reati commessi col mezzo della stampa periodica e non può intendersi riferito anche alle trasmissioni radiofoniche e televisive”, il tutto in ossequio al “principio di stretta legalità, dal quale discende la delimitazione, anche sotto il profilo soggettivo, delle fattispecie incriminatrici”.

Pervenendo così ad una equiparazione tra diffusione tramite internet e diffusione attraverso i telegiornali, la Cassazione ha sottolineato le diverse modalità tecniche di trasmissione del messaggio a seconda del mezzo utilizzato: consegna materiale dello stampato e sua lettura da parte del destinatario in un caso (stampa), irradiazione nell’etere e percezione da parte di chi si sintonizza, nell’altro (radio e TV), infine trasmissione telematica tramite un ISP (internet service provider) con utilizzo di rete telefonica nel caso di internet.

La Corte ha poi affrontato la questione inerente “l’impossibilità per il direttore della testata telematica di impedire la pubblicazione di commenti diffamatori, “il che rende evidente che la norma contenuta nell’articolo 57 del codice penale non è stata pensata per queste situazioni, perché costringerebbe il direttore ad un’attività impossibile, ovvero lo punirebbe automaticamente ed oggettivamente, senza dargli la possibilità di una condotta lecita”.

Questo secondo aspetto assume particolare rilievo, nella decisione in esame, poiché gli stessi Giudici di merito, pur consapevoli di tale impossibilità, avevano ritenuto l’imputata responsabile perché avrebbe dovuto svolgere la verifica successiva delle inserzioni già avvenute, espungendo quelle a contenuto diffamatorio.

L’impossibilità della verifica del controllo di ciò che viene immesso sulla rete è questione di grande importanza nel diritto delle nuove tecnologie e di ciò è espressione anche il decreto legislativo n. 70/2003 che subordina la responsabilità degli access provider, dei service provider e degli hosting provider, per reati commessi in rete, alla consapevolezza del contenuto criminoso del messaggio diramato, ma in questi casi non si pone un problema d’imputazione ex articolo 57 c.p. ma di vero e proprio concorso nel reato.

In ogni caso la Corte ha escluso che la norma dell’articolo 57 c.p. possa essere interpretata nel senso che l’omesso controllo successivo costituisca condotta tipica della fattispecie in esame la quale, invece, punisce il mancato impedimento della pubblicazione, riferendosi dunque ad una condotta antecedente e non posteriore.

Il direttore o il responsabile di una pubblicazione on-line non vanno dunque soggetti a responsabilità penale ex art. 57 c.p. per omesso controllo sui contenuti diffusi in rete al fine di prevenire che con la pubblicazione degli stessi vengano commessi dei reati se, come nella fattispecie, le espressioni integranti reato sono rinvenibili nei commenti lasciati dai lettori in calce all’articolo.
Esigere l’applicazione della norma penale sopra richiamata anche in siffatto contesto, pur essendo stata formulata per la stampa tradizionale, costringerebbe il direttore ad una attività impossibile date  le caratteristiche del “mezzo” internet, che impediscono di esercitare un controllo su quanto viene immediatamente pubblicato dai lettori stante l’automaticità dell’inserimento dei post e l’impossibilità di predisposizione di filtri.

Nè si può condannare, come avevano fatti i giudici di merito, per la mancata rimozione del “post” offensivo, cadendo in un’analogia in malam partem vietata in materia penale, in quanto foriera di conseguenze ed effetti sfavorevoli per l’imputato. Senza contare lo stravolgimento e l’erronea interpretazione della norma incriminatrice che punisce il mancato impedimento della pubblicazione e non l’omissione di un controllo successivo.

La Cassazione nel sancire che all’editoria elettronica non si applicano le norme sulla stampa in tema di diffamazione, annulla dunque la condanna erogata, sia in primo grado sia in appello, al direttore di un periodico considerato reponsabile per il commento diffamatorio di un lettore.

In conclusione per gli Ermellini se il periodico on-line non può essere considerato “stampa” ai sensi dell’articolo 57 c.p., ne deriva quale indefettibile corollario che la condotta contestata di non aver impedito la commissione del reato di diffamazione vada giudicata come non prevista dalla legge come reato. Il tutto oggettivamente corretto: se da un punto di vista logico non fa una grinza il tentativo di evitare un’applicazione del diritto in rete che sfoci in forme di esasperato controllo o di inaccettabili responsabilità oggettive, permangono gli interrogativi sulle carenze strutturali di un sistema il quale non tutela sufficientemente contro atti di diffamazione, che è molto più facile commettere sul web, se fosse vero che nessun controllo preventivo è possibile, pur restando pienamente imputabile l’autore della diffamazione, purché non anonimo!

di Antonella Virgilio

Print Friendly, PDF & Email