Il sorriso di Giancarlo

MartinaQuando è stato assassinato, Giancarlo Siani aveva la mia età. Era il 23 Settembre del 1985 e Giancarlo aveva 26 anni. Come tanti di noi, in attesa di un’assunzione, di quel primo contratto che pareva dovesse arrivare di lì a poco. Quando è stato assassinato Giancarlo Siani faceva il corrispondente da Torre Annunziata per Il Mattino di Napoli. Nato nella Napoli medio borghese, girava le periferie a bordo della sua Mehari verde in cerca di notizie. È così che si imbatte nel giro d’affari dei clan locali. Sono gli anni del potere del boss Valentino Gionta, divenuto padrone della zona dopo la guerra intrapresa con la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. Suo il contrabbando di sigarette, suo il controllo del mercato ittico, che gestisce attraverso la Cooperativa Do.Gi. Pesca.
Ambulante ittico per la Camera di commercio, Gionta mette su un impero.
Quelle navi, utilizzate per il trasporto di prodotti ittici, sono la via di accesso al mercato della droga. Gionta si reca in Sicilia per prendere contatti, traffica in eroina. Ma a Torre Annunziata una fetta di quel business appartiene al potente clan Bardellino. Così come il mercato delle carni, sui cui Gionta tenta di mettere le mani, si trova sotto la gestione degli Alfieri di Boscoreale, una famiglia riconducibile ancora una volta ai Bardellino. Il conflitto è inevitabile.
È a questo punto della storia che entra in scena Angelo Nuvoletta. Nuvoletta è il referente in Campania di Cosa Nostra ed è un alleato di Gionta. È a lui che i Bardellino propongono una soluzione per risolvere il conflitto: la testa di Gionta e una riorganizzazione degli affari dell’area.
All’inizio di Giugno del 1985, Valentino Gionta viene arrestato a Marano, in una delle tenute dei Nuvoletta, venduto dall’alleato Angelo Nuvoletta che scelse di consegnarlo alle Forze dell’ordine piuttosto che farlo fuori.
Il 10 Giugno di quello stesso anno, Giancarlo Siani, grazie a delle indiscrezioni avute da un amico Capitano dei Carabinieri, pubblica un articolo su Il Mattino nel quale racconta per filo e per segno quanto accaduto. Quell’articolo sarà la sua condanna a morte. Angelo Nuvoletta, per non perdere la fiducia dei nuovi alleati di Torre Annunziata, ne deciderà l’omicidio.
Ci vorranno 3 mesi per organizzarlo. La sera del 23 Settembre 1985, al rientro nella sua casa del quartiere Arenella di Napoli, viene freddato alle spalle da due sicari.
Dell’omicidio verranno inizialmente accusati Alfonso Agnello, Giorgio Rubolino, Giuseppe Calcavecchia e Ciro Giuliano. Tutti prosciolti nel 1988. Le indagini, riaperte nel 1993 a seguito delle dichiarazioni fornite dal pentito Salvatore Migliorino, condurranno alla condanna definitiva, arrivata solo nel 2000, di Angelo Nuvoletta, Luigi Baccante, Ciro Cappuccio, Armando Del Core, Ferdinando Cataldo e Gabriele Donnarumma. Valentino Gionta, inizialmente condannato all’ergastolo verrà invece assolto. Il caso, che non ha mai finito di destare perplessità, è stato riaperto nuovamente nel più recente 2014, con l’intento di indagare sul coinvolgimento del clan Gionta e del clan Giuliano nell’omicidio del cronista napoletano.
A 31 anni di distanza, a due passi dal punto in cui i due killer hanno vigliaccamente colpito Giancarlo alle spalle, ora campeggia un murales. Il sorriso di Giancarlo declinato tra il grigio della macchina da scrivere ed il verde della sua Mehari. Qualcuno andrà lì per ricordarlo, qualcuno per ricordarsi cosa significa essere un giornalista con la schiena dritta, qualcuno per curiosità. Tanti ci passeranno davanti, forse notandolo appena, a qualcuno ci cadrà lo sguardo e magari si chiederà a chi appartiene quel sorriso. Forse andrà a cercare notizie, forse leggerà la storia di Giancarlo, forse capirà cosa significa mettere a tacere un giornalista che racconta una verità. Capirà che quelli come Giancarlo non sono solo giornalisti, che quelli come Giancarlo permettono ad uno Stato democratico di chiamarsi tale. Anche per una sola persona che un giorno potrebbe fare questa riflessione, Giancarlo vive.

di Martina Annibaldi

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