Se Scilla e Cariddi potessero parlare …

PatriziaIl ponte sullo stretto è diventato da oggi un impegno improrogabile del governo Renzi. E se non fosse perché il protagonista parlante ha i capelli sembrerebbe di rivedere al centro degli schermi di tutte le televisioni e telegiornali un vecchio leader del Partito della libertà. Stessi discorsi, stesse immagini che riprendono il solito ponte immaginario, con le solite promesse di posti di lavoro, di ricongiungimento della Sicilia al resto d’Italia.
Nel frattempo le strade in Sicilia languono, le ferrovie sono inesistenti e non si raggiungono facilmente tra di loro i siciliani d’oriente con i siciliani d’occidente.
Un ponte d’oro sfruttatissimo come argomento, un ponte che d’oro è davvero per chi, da anni, specula su un progetto che lascia, da altrettanti anni, perplessi, per primi, coloro i quali ne dovrebbero usufruire (siculi e calabresi in primis).
Con una battuta si potrebbe dire che i centomila posti di lavoro promessi sono forse quelli che permetterebbero un più facile trasferimento dei siciliani verso altre terre alla ricerca di occupazione retribuita. Tremano su questa considerazione i cuori di coloro che inneggiano all’Etna. In meno ore, tra qualche anno (non si sa bene quanti), i siciliani potranno invadere davvero l’Italia e sfuggiranno più agevolmente alle invocate colate laviche.
L’idea di collegare l’isola alla terraferma è antico. Pensate che Ferdinando II di Borbone rinunciò all’idea solo dopo aver constatato che sarebbe stata troppo cara la sua realizzazione e che avrebbe inciso in modo pesante sulle casse del suo regno. Praticamente un saggio. E considerazioni successive sul territorio sismico calabrese e siciliano, sulla realizzazione a tre campate o unica hanno riempito per anni, decenni, ormai secoli, le menti di illustri ingegneri. Un poco come qualche astruso teorema matematico come quello dei quattro colori o i problemi di Hilbert…
Volete poi sapere da quanto tempo esiste una società che si occupa del ponte sullo stretto? Solo dal 1955. Si esatto … dal 1955 anno in cui fu costituito il  Gruppo Ponte Messina S.p.A che restò in vita fino al 1981, anno in cui subentrò la società concessionaria Stretto di Messina S.p.A., posta in liquidazione dopo una serie di “il ponte s’ha da fare” seguito da donabbondiani “questo ponte non s’ha da fare”.
Per i progetti non portati a compimento si sono pagate importanti penali per qualche decina di milioni di euro. Il costo del ponte nel frattempo lievita, lievita, lievita. E non si capisce perché la questione diventa sempre più politica e sempre meno attenta alle esigenze reali di un sud senza infrastrutture.
Ai posteri lasciamo l’augurio di una fantastica o fantasiosa inaugurazione, la cui festa non sfondi le già bucate tasche.

di Patrizia Vindigni

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