L’ascesa di Erdogan

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Più di 30mila persone arrestate, altre 70mila sotto inchiesta, omicidi di Stato e attacchi frontali a media, insegnanti, funzionari e ufficiali delle forze armate, magistrati. La politica di Erdogan post-golpe sembra davvero riportarci indietro di mezzo secolo, quando le tirannie europee assicuravano alla giustizia sommaria gli oppositori politici, fondando la propria retorica sul populismo e le illazioni. In Turchia diversi giornali sono stati costretti alla chiusura. Stessa sorte per numerose emittenti radiofoniche e canali televisivi. Repressione e censura hanno l’obiettivo primo di smantellare le reti segrete di Fethullah Gülen, predicatore conservatore residente negli Stati Uniti, promotore, secondo Erdogan, del tentativo di colpo di stato. Sebbene il capo dello Stato sostenga che la Turchia si sta difendendo da una confraternita golpista, la repressione colpisce chiunque sia in disaccordo con le idee governative e, ovviamente, i curdi. La Turchia, ora dopo ora, rischia di cadere sotto la dittatura di un solo uomo.

Il paese vive da tempo la crisi economica che, come una macchia d’olio, si è sparsa dagli Usa fino all’Europa, per approdare sulle coste dello stretto dei Dardanelli. Dopo anni di crescita economica, la Turchia comincia ad arrancare e lo stesso Erdogan viene messo con le spalle al muro, costretto quasi alla fuga. Per evitare di perdere il potere, la destabilizzazione dell’ordine sociale e militare sembrava l’unica carta rimasta da giocare. E così Erdogan ha destabilizzato il suo paese per mantenerne il controllo, al punto tale da ritrovarsi in pericolo e cercare il bandolo della matassa nella repressione totale, perfettamente consapevole dell’impossibilità, per gli eserciti occidentali, di minare il suo potere. Gli Stati Uniti potrebbero fermare Erdoğan, perché lo stesso esercito turco è rifornito direttamente dagli Usa ma si limitano a qualche timido appunto, data la situazione già di per sé bollente al confine siriano. Per tutti questi motivi il presidente turco può continuare a muovere indisturbato le sue pedine sullo scacchiere, mentre le teste continuano a cadere, le prigioni sono sempre più affollate e la libertà di pensiero e parola è stata ormai quasi annientata.

di Giovanni Antonio Fois

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