I ragazzi di Hong-Kong sfidano la Cina

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“Potete anche incatenarmi, torturarmi, potete anche distruggere il mio corpo: ma non potrete mai imprigionare il mio spirito”. Nathan Law, classe 1993. Capelli a caschetto, occhiali con montatura nera, lenti spesse e anche qualche brufolo. Ha tutto l’aspetto di un giovane nerd, uno di quei ragazzi maniaci del computer e della tecnologia. In realtà è già un leader politico di uno dei movimenti giovanili più importanti del nostro tempo. Ad appena 21 anni, nel 2014, aveva guidato la rivolta degli ombrelli di Hong-Kong e, appena qualche giorno fa, ha capeggiato la protesta scoppiata nel cosiddetto “Parlamentino” dell’ex colonia britannica in territorio asiatico. L’epopea di Nathan Law e dei suoi compagni possiede un qualcosa di epico, è una battaglia tra un Davide ed un Golia e ricorda le gesta eroiche degli studenti in piazza Tienanmen nel 1989 e il suo emblema: il giovane ragazzo rimasto anonimo e passato alla storia come “Il rivoltoso sconosciuto” che, in maniche di camicia, osò fermare uno dei carri armatidell’esercito cinese. Oggi le ragazze e i ragazzi di Hong-Kong hanno dichiarato nuovamente guerra a Pechino, esigendo maggiore autonomia dell’ex colonia. “Non giurerò mai su un regime che uccide il suo popolo – ha affermato in Parlamento Sixtus Leung Chung-Hang, un altro dei volti del movimento – Giuro fedeltà a Hong Kong, regione speciale della re-fottutissima Cina popolare”. La reazione del governo centrale non è ancora arrivata ma gli analisti politici della Repubblica Popolare sono certi che non tarderà a farsi sentire. Intanto i ragazzi in t-shirt continuano a far parlare di loro e sembra già di vederli stampati sulle pagine dei libri di storia del domani.

di Giovanni Antonio Fois

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