La battaglia dei Sioux per l’acqua, contro ogni potere

Patrizia Vindigni

Nella riserva di Standing Rock da qualche tempo si sta combattendo una battaglia tra i Sioux e gli interessi del potere. Gli indiani americani, i nativi, stanno protestando contro la DAP (Dakota Access Pipeline) perchè, una compagnia, la Energy Transfer Partners, vuole far passare sui loro territori un oleodotto che dovrebbe portare l’oro nero da Stanley, nel Nord Dakota, fino a Patoka, nell’Illinois, attraversando anche Iowa e sud Dakota. Si tratta di quasi 2000 chilometri di oleodotto che, secondo uno studio condotto da Jennifer Veilleux in collaborazione con altri ricercatori, intreccerebbe il suo percorso con almeno nove importanti corsi d’acqua che, in caso di incidenti o di poca attenzione nella costruzione e trasporto dell’oil comporterebbe un gravissimo pericolo di inquinamento per le terre abitate dagli indiani americani e per i fiumi, fonti di vita.
La battaglia che i nuovi guerrieri stanno sostenendo è proprio in difesa dell’ambiente. Da un lato i Sioux, i luoghi sacri e i fiumi per cui combattere; dall’altro lato una coalizione che ha alle spalle anche gli interessi unici delle banche: soldi, soldi, soldi, con una valutazione sulla carta dei rischi.
Durante queste manifestazioni di protesta sono state arrestate, negli ultimi mesi, diverse persone tra gli indiani americani e tra coloro che sono scesi in campo al loro fianco. Spiegamenti di forze anche poco giustificabili di fronte a persone scese in campo per difendere la loro terra, il diritto alla salute e alla vita. Gli americani indiani chiedono una revisione del progetto che allontani il pericolo di inquinamento e fanno contemporaneamente notare, con la loro lotta, quanto il progetto di un ennesimo oleodotto sia antitetico rispetto all’idea di una sviluppo energetico biocompatibile. Il rispetto del mondo, della piccola sfera in cui viviamo, sostenuto con forza, con decisione, con un’unione tra tribù, che non si vedeva davvero da decenni.
La battaglia si prospetta lunga e difficile. I Sioux si sono rivolti anche al presidente Obama per ottenere che, nell’ultima fase del suo mandato, si schieri a sostegno della loro posizione, rendendo possibile, ogni qualvolta si presenti un pericolo per i territori su cui essi vivono, un ascolto della loro importantissima voce.
Lo stesso Tim Kaine, nel suo ruolo di vice presidente, ha sostenuto di recente che la scelta di cercare un nuovo percorso per l’oleodotto sarebbe “the right thing to do”… la cosa giusta da fare.
La battaglia dei Sioux ha lo stesso sapore dell’eterna lotta tra la difesa a lungo termine del pianeta e l’immediato arricchimento di pochi. Un arricchimento che da tempo stiamo tutti pagando in termini di inquinamento, devastazione, patti con un dio, il Denaro, che ad oggi non hanno portato niente di buono.
di Patrizia Vindigni

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