La nave delle donne maledette – Raffaello Matarazzo

CamillieriParte bene, questo filmetto misconosciuto di un regista molto incisivo a livello nazionale, ma spreca a metà quanto di buono c’era nelle premesse. Una giovane donna confessa un infanticidio che non ha commesso per salvare l’onore ed il patrimonio della cugina e dello zio. La caratterizzazione iniziale dei personaggi, lo svilupparsi della trama sono sicuramente interessanti e si attende presto di salpare dentro questa famigerata nave che dà il titolo alla pellicola, per vedere se e come la vittima sacrificale potrà salvarsi dal suo destino assurdo. L’ingresso sulla stessa, per lo spettatore, è davvero promettente con una carrellata tra le umanità distrutte che popolano la stiva ed una voce in sottofondo che canta uno struggente motivo. Poi arriva la chiave di volta del film, che ne azzera il livello in un nanosecondo. Le prigioniere prendono possesso della nave, partono all’attacco dell’equipaggio e tra una sberla ed un cazzotto, finiscono tutti per baciarsi e divenire alleati a suon di inquadrature sulle poppute prigioniere e volgarità solo accennate ma evidenti. Un’idea simpatica, poco da dire, se non fosse che non c’entra nulla col contesto ed appare come una stonatura senza coerenza ed armonia col resto del film. Da lì in poi l’assurdo la farà da padrone e tutto l’equipaggio si darà ad un enorme baccanale, incurante della tempesta che colpirà la nave. Tra i difetti assoluti del film c’è la caratterizzazione semplicistica dei personaggi con la protagonista Consuelo che sembra uscita da un libro di preghiere, bella e dal perdono troppo facile, i cattivi che sono miseri senza sconti (la stessa Isabella sembra volersi redimere ad un certo punto ma è solo un momento passeggero e poco coerente col resto del personaggio) e tutti i personaggi, in genere, hanno ben poco spessore psicologico; la nave poi è rappresentata senza troppo impegno, hanno messo un modellino in legno in acqua senza nemmeno preoccuparsi di simulare un andamento regolare e verosimile tra i flutti, ed una tenuta fisicamente plausibile. Di contro i lati positivi ci sono e vanno apprezzati. Le due protagoniste oltre che essere molto belle sanno anche recitare discretamente (anonima invece la prova dell’irruente Kerima, sebbene si faccia notare per altre caratteristiche), la trama ha i suoi punti di originalità ed alcune scene hanno un forte impatto estetico (il nero che balla in preda ai fumi dell’alcol è spettacolare e ipnotico). A modo suo un film che precorre tanta robaccia vista e rivista nelle peggiori pellicole, e questo, in un modo o nell’altro, resta un punto di forza.

di Marco Camillieri

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