La Riforma del Matrimonio Canonico

Antonella

Annullamento matrimoni: Semplificazioni –  Introduzione del “processo breve” affidato ai vescovi

Di recente la Santa Sede ha operato una sostanziale riforma del codice di diritto canonico, nella parte dedicata alla nullità del matrimonio.

Tra gli aspetti riformati : la riduzione dei costi delle procedure nei processi di nullità matrimoniale, l’attribuzione alla figura del Vescovo di ciascuna diocesi delle funzioni di Giudice Unico, consentendo accelerazioni nell’iter burocratico. Dal punto di vista burocratico basterà una sola sentenza per decretare la nullità esecutiva del matrimonio, con l’abolizione della vetusta “doppia conforme”, ritenendo “sufficiente la certezza morale raggiunta dal primo giudice a norma del diritto”: ne basterà, dunque, una sola per procedere a nuove nozze canoniche. Per quanto attiene la competenza territoriale, anche questa va a favore dei fedeli: è possibile alternativamente scegliere o il Tribunale del luogo in cui il matrimonio è stato celebrato, o quello in cui una delle parti risiede o abbia il domicilio, o ancora il tribunale in cui bisognerà raccogliere la maggior parte delle prove.

Queste le principali novità, in vigore dal prossimo 08 dicembre 2015.

Non saranno più due i giudizi, di primo grado più l’appello, ma basterà esclusivamente la prima sentenza. Quindi decade anche l’obbligo di conformità delle due sentenze con riduzione dei costi limitanti a quelli di un unico processo. La dilatazione dei tempi si riduce: massimo un anno per la procedura normale e solo trenta giorni per l’annullamento breve, sul quale sarà chiamato ad esprimersi il Vescovo, nei casi di assenza di contenzioso ed evidenza delle prove.

Era ora di porre un freno  al “ giro di affari” nel quale spesso si svolgono questi processi, rendendoli pressoché gratuiti!

Ora nelle nuove leggi il Papa precisa che, “salva la giusta e dignitosa retribuzione degli operatori dei tribunali, venga assicurata la gratuità delle procedure, perché la Chiesa, mostrandosi ai fedeli Madre generosa, in una materia così strettamente legata alla salvezza delle anime, manifesti l’amore gratuito di Cristo dal quale tutti siamo stati salvati”. L’intenzione di Papa Francesco è che “si favorisca non la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi, non meno che una giusta semplicità ed agilità, “affinché, a motivo della ritardata definizione del giudizio, il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato, non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio.”  “Alimenta la spinta riformatrice – sottolinea Francesco – l’enorme numero di fedeli che, pur desiderando provvedere alla propria coscienza, troppo spesso sono distolti dalle strutture giuridiche della Chiesa a causa della distanza fisica o morale; la carità dunque e la misericordia esigono che la stessa Chiesa come madre si renda vicina ai figli che si considerano separati.”

Tra le circostanze che possono consentire la trattazione della causa di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve si annoverano: quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà, la brevità della convivenza coniugale, l’aborto procurato per impedire la procreazione, l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione, la causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici.

Tra le cause di nullità recentemente sta prendendo piede il grave difetto di discrezione di giudizio che attiene alla mancanza di capacità estimativa o deliberativa espressa mediante un atto della ragione. Tale discernimento riguarda la capacità di valutare ovvero giudicare attentamente i pro e contra delle diverse possibilità che, in caso di consenso matrimoniale, si riferiscono:

a un determinato matrimonio;

a una determinata persona con la quale si dovrà dividere senza riserve la totalità della vita nell’impegno delle relazioni interpersonali;

alla vita coniugale che deve durare per sempre.

I diritti e doveri essenziali del matrimonio, oggetto della capacità estimativa anzidetta, si sostanziano in tutte quelle azioni e comportamenti che i coniugi dovranno adottare in costanza di matrimonio affinché la loro vita coniugale si realizzi pienamente: amore, dialogo, preoccupazione per l’altro coniuge e per la prole, assistenza fedeltà etc. etc. E’ possibile definire la discrezione di giudizio anche come “maturità psicologica” proporzionata al passo impegnativo e decisivo del matrimonio. Dunque detta discrezione è intesa come una maturità psicologica non comune e la sua mancanza può essere definita come immaturità, la quale per assurgere a causa di nullità matrimoniale deve avere in sé il requisito della “gravità” che porti a qualificarla causa ostativa alla corretta formazione del vincolo.

Circa le conseguenze, il matrimonio viene dichiarato nullo ab origine a causa di vizi del consenso, ovvero di cause ostative preesistenti o contestuali al momento del consenso.

La sentenza di nullità matrimoniale emessa dai Tribunali della Chiesa non viene riconosciuta automaticamente dallo Stato Italiano; pertanto, affinché anche in Italia si abbia il riconoscimento della sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale occorre esperire il procedimento di delibazione presso la compente Corte d’Appello italiana. Ciò è previsto dall’art. 8 n. 2 dell’Accordo di Modifica del Concordato Lateranense del 18/02/1984 e del relativo Protocollo Addizionale, ratificato con Legge n. 121/1985.

Una volta ottenuta la delibazione della sentenza canonica, anche in Italia il matrimonio viene riconosciuto nullo; ciò comporta i seguenti effetti:

non è più necessario, dopo tre anni di separazione, esperire la procedura per il divorzio;

la delibazione della sentenza ecclesiastica, prima che la sentenza di divorzio diventi definitiva, travolge gli effetti patrimoniali della sentenza divorzile. Viene quindi meno ogni obbligo di solidarietà e di mantenimento verso l’altro coniuge, mentre impregiudicati restano i diritti ed inalterato lo status dei figli legittimi.

Quanto agli effetti, la riforma delle nullità matrimoniali rappresenta una prima risposta alle attese dei divorziati risposati che chiedono di poter tornare a ricevere l’Eucaristia, nonché il desiderio di perfezionare, in tempi relativamente brevi, una nuova unione religiosa, stabile e felice, tornando a vivere i sacramenti.

Tra entusiasti e minimizzatori della novità, non sono tuttavia mancati gli allarmati per un presunto scivolamento verso il “divorzio cattolico”.

Indubbiamente la riforma de quo offre una opportunità a chi sta aspettando che un tribunale diocesano decida sulla verità di un matrimonio, decisione da cui dipende il proprio progetto di vita, ma solo se ciò avviane con attenzione particolare alla verità del cammino delle persone, e si traduce in sentenze certe oltre che in processi che durino solo il tempo necessario, evitando lungaggini inutili e tempi biblici.

Il che non vuol dire automaticamente che qualsiasi riforma risponda alle esigenze vere. Di qui motivi di perplessità in questa riforma del Codice di diritto canonico, meritevoli di riflessioni.

Ora se è vero che alla base della riforma, vi è una esigenza diffusa: l’accertamento della verità che necessita di tempi ragionevoli, la domanda da porsi è se la riforma incida soltanto sui tempi o, aldilà delle intenzioni, anche sulla facilità e superficialità con cui si dichiara nullo un matrimonio, il che ovviamente avrebbe conseguenze gravi sul valore dell’indissolubilità, portando ad un boom di dichiarazioni di nullità.

Altra problematica attuale è la notevole differenza di vedute tra vescovi e addirittura tra interi episcopati sul sacramento del matrimonio. A proposito, il ruolo centrale che papa Francesco ha voluto dare ai vescovi nel processo di nullità, se ha un risvolto positivo per quanto evidenziato, potrà avere l’effetto di rendere molto diversi i giudizi da vescovo a vescovo su situazioni identiche, ciò con grave danno per i fedeli che rischiano di perdere fiducia nel giudizio della Chiesa.

Altra riflessione merita la convinzione piuttosto diffusa che la stragrande maggioranza dei matrimoni attuali, a causa della pressione culturale in cui siamo immersi, siano nulli, pregiudizio che potrebbe ovviamente portare facilmente a concedere con più superficialità la nullità dei matrimoni celebrati.

Ma oltre alla questione procedurale, c’è quella dei contenuti. La riforma prevede infatti l’introduzione di nuove cause per la nullità, i cui confini non sono chiaramente limitati. E soprattutto la grande novità consiste nell’introduzione di “quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso”. Questo è un punto particolarmente delicato perché, come ha ricordato papa Benedetto XVI nel discorso alla Rota Romana del 2013, pochi giorni prima delle sue dimissioni, «Il patto indissolubile tra uomo e donna, non richiede, ai fini della sacramentalità, la fede personale dei nubendi; ciò che si richiede, come condizione minima necessaria, è l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa». Ma se la fede non viene richiesta come condizione per sposarsi, come è possibile renderla una causa di nullità? Verosimilmente non sembra possibile separare totalmente l’intenzione dei contraenti dalla loro fede. Ma la riflessione dovrebbe indurre ad approfondire il senso del matrimonio cristiano e la sua verità, non certo quello di rendere più semplice risposarsi in chiesa.

Ad ogni modo l’introduzione improvvisa, senza alcuna precisazione, della mancanza di fede quale criterio per la nullità lascia ovviamente grande potere discrezionale che può avere esiti molto diversi a seconda del vescovo chiamato a giudicare.

In ogni caso, al di là delle intenzioni, aumentare le cause di nullità va oggettivamente nella direzione di rendere più facile lo scioglimento del vincolo matrimoniale a scapito del valore del sacramento e del principio della indissolubilità.

di Antonella Virgilio

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