Padrini e Padroni

Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, nel suo ultimo libro “Padrini e padroni” scritto insieme con Antonio Nicaso, punta il dito contro il governo e i partiti, colpevoli di non fare abbastanza contro il malaffare. “Il governo e i partiti immobili contro mafie e corruzione…l’articolato di legge che abbiamo elaborato per aggredire maggiormente corruzione e mafie è nei cassetti del Parlamento, ma al momento nessuna forza politica lo ha preso in considerazione”.

Il procuratore, spiega bene il meccanismo con cui i boss mafiosi e gli imprenditori avanzano a colpi di mazzette, promettono voti per appalti e favori. Il libro inizia con una frase molto incisiva e significativa: corruttori e corrotti spesso riescono a farla franca. In Italia più che altrove. I motivi sono molteplici e sono conosciuti, la corruzione è l’elemento presente in ogni azione delle mafie, ‘ndrangheta e camorra in primis. Senza corruzione non esisterebbero le mafie. “Le mafie non sparano. Se uccidono lo fanno solo quando è strettamente necessario. Le mafie preferiscono pagare perché costa meno. Non hanno il problema del denaro, ma di investire i milioni di euro provento del traffico di cocaina. Per le cosche è facile e normale corrompere un amministratore. Con l’abbassamento della morale e dell’etica è come affondare il coltello in pezzo di burro”.
Tutto ciò che riguarda la corruzione in tutti i suoi aspetti, gli intrecci, le collusioni, le omertà e le connivenze istituzionali, necessitano di modifiche normative, per evitare l’impunità di coloro che commettono questi reati. Nella pubblica amministrazione, la corruzione è una piaga che infetta anche la parte sana, tanto è ramificata e in profondità dentro il sistema Stato. E’ necessario informatizzare i processi, i tribunali sono intasati di processi ordinari, destinati alla prescrizione. Per evitarlo, dice Gratteri, basta modificare il codice di procedura penale.
Il governo è fermo, immobile e la situazione peggiora ogni giorno. Nicola Gratteri ha presieduto la commissione per la riforma della giustizia e non si capacita che le proposte elaborate siano in fondo ad un cassetto. Nella proposta sono stati modificati circa 850 articoli di legge tra codice penale, di procedura penale, ordinamento penitenziario e legislazione antimafia. “Non ci sono maggioranze forti per far passare certe cose in Parlamento”.
Il procuratore ha in testa una rivoluzione sul sistema giudiziario, ma si rende conto che non è il momento storico adatto. Non c’è la volontà di affrontare la questione corruzione in profondità, scardinando tutti i legami e gli intrecci che permettono il rafforzamento del sistema di malaffare. La volontà è fatta di maggioranze, vuol dire avere i numeri in Parlamento. Certe volte si creano maggioranze strane, trasversali, che non reggono la spinta dei poteri forti, ed allora si rimangiano tutto e si ricomincia da capo. Un po’ la tela di penelope, non finisce mai. E’ un continuo fare e disfare. Intanto la corruzione dilaga, le mafie occupano tutto il territorio nazionale, il consumo di cocaina è quasi capillare e le grandi opere si sfarinano al primo temporale. La corruzione corrode anche il cemento armato dei viadotti e delle gallerie della Salerno-Reggio Calabria. Opere che non hanno fine, eppure sono iniziate nella notte dei tempi.
Il sottotitolo del libro è “come la ‘ndrangheta è diventata classe dirigente” e prova a spiegarlo, sottolineando con forza che:”…credo che in alcune aree anche se a macchia di leopardo, i padrini sono i mafiosi, i padroni sono i figli dei mafiosi che incensurati, laureati e professionisti, gestiscono la cosa pubblica come fosse cosa propria. Sono diventati classe dirigente”.
Siedono allo stesso tavolo, dice Gratteri, politica e ‘ndrangheta:” assolutamente si. Le indagini degli ultimi anni ci dimostrano questo. Mentre prima erano i mafiosi ad andare dal politico con il cappello in mano, oggi sono i politici che nelle 48 ore prima delle elezioni, vanno a casa dei capimafia a chiedere voti per la paura di non farcela. Questo vuol dire, nel sentire sociale, che il boss è più credibile del politico perché dà risposte che quest’ultimo non riesce a dare. La politica è più debole”.

di Claudio Caldarelli

Print Friendly, PDF & Email