Storia di Piera e di suo figlio Giulio, disoccupato italiano

Questa è la storia vera di una madre pensionata, un figlio disoccupato, una compagna stanca ed una vicina generosa: la sintesi di un Paese sempre più disoccupato, il nostro.

Questa vicenda ha inizio con l’anziana Piera, vicina di casa nonché madre di Giulio, a cui, la dirimpettaia Sofia, anticipa il pagamento di una bolletta.
Stando ai dati Istat 2015, il solo ambito in cui la povertà ha registrato dei cali è tra gli anziani (+65 anni): al contrario, è in aumento tra i giovani (18-34 anni), dove la povertà assoluta è addirittura il doppio rispetto a quella dei nonni.
Eppure Piera, dopo una vita come maestra elementare, non ha potuto fare altrimenti se non bussare ad una sconosciuta: deve essere rientrata nel risvolto della medaglia sbagliato.

L’aiuto da un lato, la restituzione della somma, come promesso, dall’altro, forgiano una bella amicizia tra le due donne, che permette a Sofia di conoscere la storia della famiglia di Piera.
Conducevano tutti un’esistenza normale, a tratti persino monotona, finché un giorno le più importanti banche internazionali andarono in default, innescando un maxi processo chiamato “crisi”, divenuto per molti un alibi, e come in un grande effetto butterfly, tante persone hanno perso il lavoro: tra questi, anche Giulio.
E’ successo tutto in maniera graduale: inizialmente è passato dalle sue consuete 40 ore, ad un part-time a 20, fino ad arrivare a lavorare 12 ore a settimana. Quando le ore passano da 12 a 0, si conclude il capitolo lavoro ed ha inizio quello della depressione: Giulio è ormai un uomo di mezza età alle complete dipendenze della madre pensionata.

Dall’inizio della “crisi”, 1 disoccupato su 4, italiano o straniero, ha tra i 35 e i 44 anni, risiede nel centro-nord, ha un livello di istruzione fermo alla scuola secondaria, è coniugato o convivente e aveva un “contratto a tempo indeterminato”. Sempre più adulti sono coinvolti nella perdita del lavoro, tanto da poter parlare di “progressivo invecchiamento della disoccupazione”.

Inizialmente Giulio non confessa a nessuno l’accaduto e sbarca il lunario con saltuari impieghi a nero, del resto come fanno 2 milioni di italiani ogni anno, per un giro di affari pari a 25 miliardi di evasione ed un’economia sommersa di 41 miliardi e 837 milioni.
Fortunatamente trova presto un nuovo impiego come metronotte in una fabbrica: è forse nel silenzio notturno di quei luoghi sterili che realizza l’insoddisfazione profonda della sua vita. Inscena così una rapina di 1500 euro, si taglia lungo tutto un braccio e chiama la polizia: per quel mese, lui, Marilena e Piera avranno qualche preoccupazione in meno. Tuttavia la dinamica poco chiara spinge i titolari dello stabile a licenziare Giulio.

Di nuovo alla deriva, l’uomo allaccia rapporti con veri e propri criminali, che gli propongono un escamotage inusuale: sposare una giovane donna straniera, già coinvolta in un’altra relazione, così da farle ottenere il permesso di soggiorno in cambio di una bella somma. Il matrimonio si celebra, ma neanche questa sembra essere la soluzione definitiva. Intanto il rapporto con la compagna, sebbene all’oscuro da tanti retroscena, si riduce palesemente ad un mutuo soccorso reciproco.

Quello di Giulio non è però un caso isolato: un episodio simile si è registrato anche a Pavia, nel 2013, quando è stato scoperto il finto matrimonio tra una 28enne italiana ed un 31enne moldavo, già padre di un’altra famiglia. Lei ha guadagnato 4.000 euro, ma la storia d’amore si è conclusa con 1 anno di reclusione per la ragazza e 1 anno e mezzo per l’uomo.

In quella vita che lentamente si sgretola, Giulio arriva a fare l’impensabile: inizia a prostituirsi sui marciapiedi della periferia romana, insieme ai transessuali della zona. Rapporti orali in cambio del suo candido faccino da biondo con occhi blu, del suo corpo slanciato ora con quella lunga cicatrice che sembra conferirgli un’aria ancora più dura.

In Italia ogni giorno si prostituiscono tra le 25/30.000 donne e uomini: in questo, che è “il fenomeno più vecchio del mondo”, mai nessuno si sarebbe aspettato il “boom dei gigolò”. Il profilo perfetto lo vuole maschio aitante, over 40, coinquilino della madre e, ovviamente, disoccupato.

L’insostenibilità di quella vita lo porta ad approdare su di un altro lido: il gioco d’azzardo. All’inizio quei tavoli da poker sembrano essere dei vasi di Pandora, su cui arriva a vincere fino a120mila euro. Fa tutto parte di un disegno più grande però, secondo il quale da principio si vince e poi restituisci con tanto di interessi: alla stregua di un tossico, fa all-in di tutti i soldi guadagnati in precedenza, di gran parte dei risparmi della compagna e della pensione di Piera. Arriva a cumulare dei debiti tali da dover vendere la casa di famiglia, se vuole salvarsi da continue minacce di morte.

In Italia sono 30 milioni i giocatori d’azzardo: 2 milioni e mezzo sono “problematici”, mentre il 2,2% ha letteralmente sviluppato una patologia, del tutto paragonabile alla tossicodipendenza, in grado di fruttare nelle casse dello Stato, solo nel 2011, 80 miliardi di euro, a cui si devono aggiungere 14 miliardi dei giochi on line.
Solo una logica è alla base di questi sistemi, come una certezza matematica: il banco vince sempre.

Piera era una donna di grande fede e non verrà a mai a conoscenza dei risvolti più forti: prima di morire vende i suoi denti d’oro, nella speranza di aiutare quel figlio, quasi irrecuperabile. Come in un passaggio di testimone, chiede a Sofia di prendersene cura.
Insieme alla comunità parrocchiale di zona, Sofia raccoglie una bella somma: 4,000 euro per dare l’ultima possibilità a Giulio di tentare fortuna in Venezuela. Aveva assicurato di avere delle conoscenze laggiù in grado di aiutarlo, eppure dopo sei mesi torna nullafacente e nullatenente: l’ennesima bugia seriale.
Le leggende metropolitane narrano che oggi Giulio vive in un centro caritas di Roma.

Nel 2015, 1 persona su 13, pari al 7,6% della popolazione, viveva in condizioni di povertà assoluta, ovvero senza possibilità di accesso ai beni essenziali. Dicasi lo stesso per 1 milione e 582 famiglie italiane e straniere.
Probabilmente Giulio è da considerarsi un debole, qualcuno che si è ritrovato a sperimentare tutti i risvolti della crisi forse anche per demeriti personali: eppure se avesse goduto di un sostegno diverso da parte dello Stato, probabilmente avrebbe intrapreso strade differenti, non sarebbe arrivato a sentire tanta disperazione, nella quale ha coinvolto tutta la sua famiglia.
E’ chiaro che situazioni economiche difficili, espongono maggiormente le persone al pericolo delle dipendenze e che questo stato di cose rappresenta un humus vitale per le organizzazioni criminali.

di Irene Tirnero

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