Storia di una sciamana del popolo Mapuche. Francisca Linconao Huircapan.
In Cile esiste una donna, una sciamana, minuta, leggera come uno scricciolo, che ha, però, una grande forza interiore che le deriva, sarebbe più corretto dire derivava, dallo stretto legame con la Natura. Il nome di questa donna è Francisca Linconao Huircapan. E’ una machi, grandissima conoscitrice delle erbe medicinali cilene, capace di curare tramite il loro utilizzo malattie e semplici disturbi. Nel suo gruppo Mapuce, una Machi gode di rispetto e autorevolezza.
I Mapuche, cui la donna appartiene per nascita, sono un popolo che, dopo aver accettato di abbandonare la propria indipendenza, sono entrati a far parte, nel 1876, del governo cileno. Questo ha segnato l’inizio di una dominazione che, nell’arco di una sola generazione, ne ha decimato la popolazione. I membri oggi presenti sul territorio, ridotti a poche migliaia, continuano ad essere perseguitati e, spesso, nei loro confronti trova applicazione una legge antiterrorismo che, con metodi di carcerazione preventiva, mira a stremarne le forze.
La sciamana è stata accusata nel 2013 di avere collaborato all’omicidio di una coppia di latifondisti, Werner Luchsinger y Vivianne Mackay, morti nel rogo della loro casa a Vilcun. La polizia ritenne di aver trovato delle prove che avrebbero dimostrato la colpevolezza di Francisca Linconao. Imputato dell’omicidio, un altro mapuche, Celestino Cordova, fu arrestato perché trovato ferito da un colpo che si ritenne sparato dall’arma di Werner Luchsinger durante l’attacco all’abitazione. Inutilmente l’avvocato della difesa tentò di difendere Celestino Cordova, un mapuche che, come tanti altri mapuche, è stato sottoposto a pesanti e lunghe misure preventive e cautelari.
Cordova fu condannato, mentre Francisca, prosciolta da ogni accusa, ha anche visto lo stato cileno condannato a pagarle 30 milioni per averla ingiustamente accusata e maltrattata. Non pare che la donna ad oggi abbia ricevuto niente di quell’importo, ma, anzi, nel marzo 2013, la sciamana è stata nuovamente arrestata e incarcerata per lo stesso crimine, sulla base di una testimonianza che lo stesso accusatore ha poi dichiarato essere stata estorta con la tortura. Dal marzo 2013 la lontananza dal suo stile di vita, dalla natura, dai luoghi sacri, ha iniziato a fiaccare il suo corpo, facendole perdere peso (da 49 kg ne pesa adesso solo 43), proseguendo con lo spirito, che ha perso quella possibilità di nutrirsi delle sue pratiche, delle sue abitudini, del suo stile di vita.
Inutili sono stati fino ad ora i tentativi di toglierla dal carcere, di non far applicare nei suoi confronti le misure cautelari dettate dalla legge antiterrorismo. E’ una mapuche, ha un ruolo nell’ambito del suo gruppo, non piace. E’ una piccola donna, che dovrebbe tornare a casa, almeno agli arresti domiciliari, nel suo ruolo, a contatto con la vera madre, la Terra.
di Patrizia Vindigni