Una Costituzione per le generazioni umane e naturali del futuro

Riccardo Tavani

Mentre leggete il conto alla rovescia è ormai prossimo allo zero, se non addirittura già esaurito. Ognuno si sarà assunto le proprie responsabilità per votare secondo coscienza. Speriamo anche senza troppe illusioni. Questo perché molti, troppi voteranno non strettamente nel merito della legge di riforma costituzionale. Lo stesso capo del governo continua a mettere in gioco la sua figura, così che alla fine prevarranno soprattutto valutazioni meramente soggettive, labili su un ipotetico migliore equilibrio o scenario politico post referendario. Cerchiamo tuttavia di capire ugualmente la vera posta in gioco.

L’attuale sviluppo mondiale tecno-scientifico e finanziario mal tollera l’intralcio rappresentato dalla vecchia politica, dai suoi pletorici riti e bizantinismi, insiti nelle stesse prassi democratiche parlamentari. Più che di un governo – tradizionalmente inteso – tale sviluppo ha bisogno di una moderna governance, ossia di un organismo verticistico agile, flessibile che traduca rapidamente in dispositivi normativi, via via modificabili, le urgenze provenienti dalla sfera globale. In questo il nostro Presidente del Consiglio ha ragione a dire che è in atto uno scontro tra il vecchio e il nuovo. Solo che non qualsiasi nuovo è necessariamente migliore e più giusto del non più adeguato vecchio.

Le Costituzioni le dettano sempre i vincitori, i quali concedono formali margini legislativi di mediazione e compromesso ai perdenti. Nella nostra vecchia Costituzione – quella che ora si vuole massicciamente riformare in ben 47 articoli – tra i vincitori di allora rientrava, in quota parte minoritaria, anche il Partito Comunista Italiano, tramite l’Unione Sovietica, quale una delle potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale. Le altre erano USA, GB e Francia. Un assetto completamente cancellato verso la fine dello scorso secolo e dell’ormai archiviato millennio. Ora i vincitori non sono potenze belliche ma entità finanziarie, monetarie, che solo approssimativamente si configurano dentro precisi confini statali. Anzi, le applicazioni tecnologiche dell’elettronica consentono a tali potenze transnazionali di scavalcare quei confini e mettere in crisi gli stessi bilanci, debiti sovrani e grandi istituti bancari dei vecchi Stati politici. Di fronte alla crisi tanto della cosiddetta economia reale quanto della politica, della democrazia reale, la convergenza tra strumenti tecno-scientifici e finanza detta le nuove regole del gioco planetario. Il nuovo che ci viene proposto, attraverso il profondo scasso della nostra vecchia Costituzione e l’invito a votare SI’, risponde a tale quadro generale.

A livello popolare questo lo si intuisce. Alla stessa stregua si percepisce che quel nostro glorioso, vecchio patto costituzionale – per quanto mai completamente attuato, anzi! – rappresenta uno scudo istituzionale di maggiore garanzia verso i ceti meno forti, maggiormente vulnerabili, più esposti alla rapacità dei grandi gruppi economici. Questo determina una vasta stratificazione sociale che in maniera naturale si oppone alla riforma ed è portata a bocciarla, a votare NO al referendum. Su questo fondo materiale di base si innesta il NO delle forze politiche parlamentari. Da una parte esso è un riflesso di auto conservazione della politica tradizionale, dall’altro il tentativo di ergersi a rappresentanti dei diversi settori del NO popolare. La stessa minoranza PD è costretta, obbligata a votare NO, per garantirsi domani la rappresentanza di quei milioni di cittadini di sinistra che depositeranno nell’urna una scheda decisamente contraria alla riforma. Milioni di voti che altrimenti confluirebbero poi stabilmente verso il M5S o si disperderebbero anche altrove, persino a destra.

La eventuale vittoria del NO non garantisce affatto, però, il mantenimento definitivo della nostra vecchia, gloriosa, quanto inapplicata Costituzione. La vecchia retroguardia politica è perdente alla lunga di fronte all’avanzante tecno-sfera globale. O si adegua o muore. Per questo – in caso di sconfitta governativa – tenterà essa di riscrivere una nuova Legge. Da D’Alema a Berlusconi lo hanno già detto chiaramente: “La riscriveremo noi, in modo molto migliore e anche più efficiente di Renzi”. Che il governo resti o cada non è la questione principale, ma solo un aspetto tattico, di opportunità contingente. Più probabile che si spacchi il PD, che la minoranza di sinistra si costituisca in soggetto politico parlamentare per partecipare con maggiore forza al tavolo della riscrittura. La caduta del governo è però una questione centrale per Beppe Grillo e il M5S, che hanno già annunciato al Presidente della Repubblica Mattarela la loro richiesta di elezioni anticipate in caso di vittoria del NO. IL Movimento 5 Stelle, infatti, ritiene di essere l’unico vero depositario di una autentica trasformazione politica e anche costituzionale verso la post-modernità. Per questo esso non ha alcuna intenzione di stipulare alleanze o patti di riforma costituzionale. Riforma di cui peraltro, al momento, non si hanno preannunci o prefigurazioni. Il deciso pressing istituzionale-elettotale esercitato dai 5 Stelle costringerà comunque i resti delle vecchie forze a coalizzarsi ancora di più attorno a un patto di riscrittura costituzionale, magari rispolverando e mixando i diversi loro vecchi progetti e bicamerali che che non erano e non sono certo più teneri della riforma Renzi-Boschi.

Così – sia in caso di vincita del SI’ che del NO – a restare senza autentica espressione è proprio quella base sociale che avrebbe più bisogno di garanzie costituzionali. Come ha scritto, però, anche The Economist, neanche in caso di vittoria della perigliosa riforma governativa, questa sarà davvero in grado di affrontare gli impervi marosi della tecno-globalizzazione. E se, allora, a una vera Costituzione del futuro bisogna mettere mano, tanto vale farlo in maniera alternativa, facendo ricorso alle nostre migliori intelligenze, forze sociali e culturali, che tengano conto dei profondi mutamenti in atto nell’uomo e nell’ambiente in cui vive. Perché proprio quest’ultimo è uno dei cruciali aspetti vitali essenziali che nessuna di queste varie ipotesi di riforma contempla: la distruzione sempre più profonda, pervasiva e veloce della sfera naturale in mancanza della quale leggi, diritti, parlamenti, cittadinanza, civiltà non hanno proprio più senso. Un nodo non aggirabile. Una Costituzione attorno a cui aggregare e schierare le generazioni umane e naturali di oggi e di domani.

di Riccardo Tavani

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