I fiori della bicicletta di Mujica

lamberto“La Fifa? Sono una banda di figli di puttana”. Parola di Pepe Mujica, all’epoca capo di stato dell’Uruguay. Era il mondiale del 2014, Luis Suarez azzanna la spalla di Giorgio Chiellini e viene squalificato per 9 giornate. “Era giusto punirlo, ma queste sono sanzioni fasciste”.
El Pepe è così. Parla come mangia. E quando pensa qualcosa la dice senza problemi. Non c’era da aspettarsi altro dal “presidente più povero del mondo”, che vive tra le galline della sua fattoria alla periferia di Montevideo, viaggia con un maggiolone del ‘87 e dei quasi 9000 euro del suo stipendio ne intasca appena qualche centinaia.
Cinque anni da presidente, dal 2010 al 2015, quando gli è subentrato Tabarè Vazquez. Un lasso di tempo in cui l’Uruguay è cresciuto. È grazie a lui infatti che sono arrivate tre leggi rivoluzionarie in America Latina: aborto, matrimoni omosessuali e legalizzazione delle droghe leggere. Un cambiamento rivoluzionario ma semplice, anzi sobrio. “Ma non la sobrietà come la intendete voi in Europa, ovvero come austerità”. Essere sobri significa “consumare il necessario ma non accettare lo spreco. Perché quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari.”
Figlio di Demetrio, di origini basche, e Lucia Cordano, da Favale di Malvaro, Liguria. I suoi nonni materni comprarono con i risparmi di una vita due ettari di terreno, piantato a vigna. E come tutti i rivoluzionari la storia di Mujica inizia dalla terra. E dallo sport. Perché se nasci in un paese come l’Uruguay, primo campione del mondo di calcio della storia, non puoi non giocare a pallone. Tra le vie di Paso de la Arena, el Pepe impara a calciare ancora prima di usare la parola. Lo stadio è la strada, le porte sono quelle improvvisate con i sassi.
Ma sarà un’altra disciplina a catturarlo: il ciclismo. Oltre all’uva infatti, la famiglia coltiva fiori. A distribuirli per le fiere della regione ci pensava il giovane Pepe, in sella ad una bicicletta. Prima per lavoro, poi per passione, in alcune competizioni nazionali, proprio nel momento in cui il ciclismo andava di moda grazie ai successi di Atilio François.
Con la bicicletta, su e giù per le montagne della Cuchilla Grande, Mujica conosce persone e realtà del suo paese. Stringe amicizie, coltiva rapporti. Ma soprattutto capisce la crudeltà del regime dittatoriale e le sofferenze della povera gente. E sulla sella, dai fiori che portava per vendere, passerà presto ai mitra della guerriglia.
Sarà combattente guerrigliero fino agli anni 70, quando viene incarcerato per dodici anni. Al ritorno della democrazia, una volta liberato, verrà eletto nella circoscrizione di Montevideo. Al suo ingresso in assemblea riesce a dire poche parole: “Mi sento come un fioraio in Parlamento”. Ma sulla bicicletta non porta più rose e girasoli, e nemmeno lettere o munizioni. Porta idee, di uguaglianza e di libertà. Che, a pensarci bene, sono i fiori più belli.

di Lamberto Rinaldi

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