Le vittime dimenticate della mafia: Calogero Zucchetto

valerio-di-marcoLa prima volta lo riconobbero, la seconda gli spararono. Nei due incontri ravvicinati tra lui e i suoi assassini si consumò il destino del poliziotto Calogero Zucchetto, detto “Lillo”, ucciso dalla mafia il 14 novembre 1982. Pino Greco detto “Scarpuzzedda” e Mario Prestifilippo detto “Mariuzzo”, due killer al soldo di Cosa Nostra, quel ragazzo dal volto magro e la capigliatura folta lo conoscevano bene. Anche perchè erano cresciuti nello stesso quartiere. Lui era un giovane agente della Squadra Mobile di Palermo che indagava sulla rete di connivenze che proteggeva il boss di Villabate Salvatore Montalto, e per questo era diventato scomodo al punto da dover essere eliminato. E così andò. Ma aveva iniziato a morire quando, durante gli appostamenti che portarono all’arresto di Montalto, incrociò per la prima volta lo sguardo dei suoi carnefici. Siamo nel pieno della guerra di mafia iniziata nel 1981 con la quale si stavano ridefinendo i nuovi assetti delle cosche. In particolare ne stava emergendo una, quella dei corleonesi di Riina e Provenzano. Due mesi prima, il 3 settembre, sempre a Palermo, c’era stata la strage di via Carini dove vennero assassinati il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. E Zucchetto in quell’occasione fu uno dei primi agenti a giungere sul posto. Era uno dei migliori investigatori della sezione “catturandi” che si  occupava della ricerca dei latitanti ed era anche uno dei collaboratori più fidati del commissario Ninni Cassarà, il quale tre anni più tardi subirà la stessa sorte del suo giovane collega. Insieme stesero il rapporto “Greco Michele + 161” che tracciava un quadro sulle famiglie mafiose di quegli anni. Ma svolgevano anche il lavoro sul campo e andavano spesso in giro in motorino per i vicoli di Palermo a caccia di ricercati. Zucchetto era un poliziotto vecchia maniera nonostante la giovane età, di quelli che girano per strada e conoscono il territorio. Faceva le indagini tra la gente, pedinava i sospetti. Conosceva a menadito le periferie e sapeva che pullulavano di nascondigli dove i boss mafiosi dormivano tranquilli, forti delle loro protezioni. In particolare Villabate, piccolo comune a sud-est di Palermo che confina con la borgata cittadina di Ciaculli, era il feudo incontrastato di Montalto. Qui Cassarà e Zucchetto avevano individuato il latitante che fu catturato dalla polizia proprio grazie alle informazioni fornite dai due durante i loro appostamenti andati avanti per settimane. Ma in uno di questi Zucchetto venne riconosciuto da Greco e Prestifilippo che decisero di punirlo per la cattura di Montalto. E una settimana dopo gli tesero l’agguato mortale all’uscita del bar “Collica”, nella centralissima via Notarbartolo. Gli si avvicinarono in motocicletta e lo freddarono con cinque colpi calibro 38 alla testa per la sola “colpa” di aver fatto il suo lavoro. Come mandanti furono condannati gli stessi Riina e Provenzano, oltre a Raffaele Ganci. A Zucchetto, che era nato a Sutera in provincia di Caltanissetta, fu conferita la medaglia d’oro al valore civile.

di Valerio Di Marco

 

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