Querela e remissione “silente”

Antonella

La non comparizione in udienza del querelato, posto a conoscenza della remissione della querela o posto in grado di conoscerla, dà luogo alla mancanza di rifiuto della remissione stessa, sì che deve pronunciarsi sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato.

Corte di Cassazione Sentenza n. 27610 del 25 maggio 2011

La remissione di querela si colloca tra  le possibili modalità di definizione del procedimento penale.

Il nuovo intervento delle Sezioni Unite della Corte Suprema Di Cassazione dipana il dilemma sui diversi filoni giurisprudenziali sedimentatisi relativamente al contegno omissivo del querelato, comportamento processuale tenuto sempre più frequentemente, soprattutto innanzi ai Giudici di Pace.

La volonta’ del querelato che non compare in udienza pur sapendo che e’ stata rimessa la querela in precedenza sporta contro di lui, come va interpretata? Si e’ in presenza di accettazione presunta oppure no?  E’ evidente come la soluzione del quesito comporti l’attribuzione o meno di una valenza processuale ad un comportamento che avrebbe di per sé essenza neutra.

Premesso che l’art. 155 c.p. prevede che la remissione non produce effetto se il querelante l’ha espressamente o tacitamente ricusata, la giurisprudenza di legittimità sotto questo specifico profilo aveva registrato orientamenti differenziati.

Infatti in alcune occasioni si era affermato che, nell’ipotesi in cui non vi sia prova che l’imputato sia venuto a conoscenza della remissione di querela,la mancata comparizione dell’imputato all’udienza non potesse essere interpretata di per sè sola come volontà tacita di accettare la remissione della querela, ma costituisse, di per sè, mero esercizio di una facolta’ processuale.

Diversamente altra giurisprudenza aveva ritenuto che nel procedimento davanti al giudice di pace, ai fini dell’efficacia della remissione di querela, non sarebbe stata indispensabile l’accettazione, essendo sufficiente che da parte del querelato non vi fosse un rifiuto espresso o tacito della remissione. Ne conseguiva che, in assenza di altri elementi, anche la contumacia dell’imputato potesse essere apprezzata quale indice dell’assenza della volontà di costui di coltivare il processo per giungere alla rilevazione della propria innocenza.

Di qui la necessità di un puntuale intervento delle Sezioni Unite le quali hanno sottolineato come in mancanza di un atto di accettazione espressa, perché si producano gli effetti giuridici conseguenti alla remissione, la legge non pone come condizione l’esistenza di una “accettazione tacita”, ma richiede che il querelato non abbia «espressamente o tacitamente» ricusato la remissione.

Più in particolare la ricusazione tacita si verifica «quando il querelato ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di accettare la remissione».

Il comportamento preso in considerazione dall’art. 155, comma primo, cod. pen. non è quello di una adesione del querelato alla remissione di querela, ma di una tacita manifestazione di volontà diretta a impedirla; in pratica non è richiesto un comportamento positivo “di accettazione”, ma uno negativo di rifiuto.

Pur tuttavia la previsione della condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali impone che questi sia posto nelle condizioni di rifiutare la remissione della querela. Il presupposto di ciò è pertanto l’accertamento della conoscenza (o, almeno, della conoscibilità) della avvenuta remissione nei casi in cui l’imputato-querelato non sia comparso in udienza.

Il punto centrale della motivazione delle Sezioni Unite diviene così quello in cui si precisa che l’imputato, che sia a conoscenza o sia comunque posto in grado di conoscere l’intervenuta remissione della querela, e che omette di presentarsi in dibattimento non pone in essere un comportamento neutro (semplice espressione del suo diritto di non partecipare al dibattimento), ma, disinteressandosi della prosecuzione e dell’esito del procedimento, manifesta la propria volontà di non ricusare la remissione.

In conclusione le Sezioni Unite hanno affermato che il comportamento dell’imputato che diserti l’udienza, integra mancanza di “ricusa” idonea per la pronuncia di estinzione del reato per tale causa», con effetto sulla procedibilità dell’azione penale, alla condizione che egli abbia effettivamente avuto conoscenza della remissione o quantomeno che sia stato messo nelle condizioni per conoscerla. Tanto è necessario a cristallizzare il perfezionamento della fattispecie estintiva del reato.

di Antonella Virgilio

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