Si chiude Più Libri Più Liberi, tra boom di presenze e nuove sedi future

Raccontare una manifestazione culturale partendo dai numeri è un paradosso, oltre che poco indicativo rispetto alla qualità dell’evento e al successo percepito da chi vi ha partecipato. Ma se si tratta della quindicesima edizione di una fiera libraria che non coinvolge i grandi gruppi editoriali e che si svolge lontana dalle sedi delle attuali “lotte” tra editori… ebbene, i numeri dell’edizione 2016 di Più Libri Più Liberi vanno scritti, eccome.

50mila presenze: oltre il ponte dell’Immacolata, il blocco del traffico e il sole di Roma, più di cinquantamila persone hanno affollato il Palazzo dei Congressi dell’Eur girovagando tra gli stand dei 409 espositori di questa edizione. A detta degli stessi espositori, le stesse vendite sono aumentate, con la presenza inoltre di clienti più informati e attenti alle pubblicazioni delle piccole e medie case editrici. Mille relatori e 350 incontri, molti da “tutto esaurito”: da “addetta ai lavori” è emozionante vedere – ancora – persone in fila per Nanni Moretti che leggeva Natalia Ginzburg, o per i ricordi di Dario Fo e Umberto Eco a cura di Ascanio Celestini e Stefano Bartezzaghi. Emozionante, e vero toccasana per la fiducia nelle nuove generazioni, assistere agli incontri di studenti con autori, giornalisti o fotografi (un bel concorso organizzato da Repubblica ha chiamato i ragazzi delle scuole superiori a commentare una foto di Giulio Piscitelli: i vincitori hanno poi incontrato un protagonista della fiera a propria scelta), o vedere genitori iniziare alla lettura i propri figli con le edizioni illustrate dell’Odissea.

Non sono numeri scontati, soprattutto non sono soltanto numeri: per chi in questo mondo della parola ci crede, ci investe, per chi delle parole e della cultura vuole farne la propria realtà, sperando di trasmettere un po’ di questa ricchezza anche agli altri. Forse è un mondo che non ha tempo per fermarsi a leggere un libro, che vive nel flusso delle notizie che perdono di importanza nel tempo di un tweet. O forse no: sicuramente, non per chi ha chiuso il proprio stand la sera dell’11 dicembre con un “arrivederci alla prossima fiera”.

di Giusy Patera

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