La riforma della Curia e il nono girone in Vaticano

Il discorso alla curia per il Natale Papa Francesco lo ha iniziato con “cari fratelli e sorelle”. C’è da chiedersi chi possano essere oggi le sorelle, in quell’ambiente. Personale di servizio, come sempre. Forse con l’eccezione della nuova direttrice dei musei vaticani, la dott.ssa Barbara Jatta, 54 anni, una piacevole novità in una struttura autoreferenziale e maschilista, quale è ancora, nonostante l’annunciata riforma, la curia vaticana.

E’ stato un discorso franco, anche con amarezze. Con un esordio di dolcezza: “Dio ha scelto di nascere piccolo perché ha voluto essere amato … è il capovolgimento della logica mondana, della logica di potere, della logica del comando”… Ma insieme con una chiara fermezza sui modi e sulle scelte necessarie per la riforma in atto.

E’ stato chiaro, Francesco: “La riforma , per questo, non ha un fine estetico.. Cari fratelli, non sono le rughe che nella Chiesa si devono temere, ma le macchie!”

Ed è stato conseguente, il papa, indicando che alla riforma non è sufficiente il rinnovo delle persone, che pure dovrà avvenire, ma la conversione nelle persone. “Senza un mutamento di mentalità lo sforzo funzionale risulterebbe vano.”

Ed ha proseguito, ricordando che nel processo di riforma è normale, anzi salutare, che ci siano resistenze:

le resistenze aperte, che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo sincero ;

le resistenze nascoste, che nascono dai cuori impauriti o impietriti che si alimentano dalle parole vuote del gattipardismo spirituale di chi a parole si dice pronto al cambiamento, ma vuole che tutto resti come prima..

..le resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive (spesso in veste di agnelli). Questo ultimo tipo di resistenza si nasconde dietro le parole giustificatrici e, in tanti casi, accusatorie, rifugiandosi nelle tradizioni, nelle apparenze, nelle formalità. Nel conosciuto, oppure nel voler portare tutto sul personale senza distinguere tra l’atto, l’attore e l’azione”.

Sono parole pesanti, quelle del Papa. Sembra quasi costretto ad esprimere il suo giudizio senza possibilità di equivoci. Sembra quasi che una parte non trascurabile della Curia corrisponda al nono girone dantesco.

Evidentemente perché sono continui gli ostacoli che vengono frapposti alla sua volontà di riportare la chiesa alle origini del messaggio cristiano, alla chiesa dei poveri, degli ultimi.

Francesco ha poi indicato nel suo discorso dodici criteri guida per la riforma curiale. Nove di essi sono organizzativi, ma con un riferimento ad una struttura rinnovata non solo nella forma, ma anche nello spirito:

  1. INDIVIDUALITA’, cioè l’importanza della conversione personale.
  2. PASTORALITA’, e cioè spirito di servizio insieme, non una burocrazia.
  3. MISSIONARIETA’, cioè di portare il vangelo a tutti i confini della terra.
  4. RAZIONALITA’, e cioè chiarezza di compiti dei diversi Dicasteri.
  5. FUNZIONALITA’, anche con accorpamenti e revisione continua dei ruoli
  6. MODERNITA’, per leggere ed aggiornare i “segni dei tempi”.
  7. SOBRIETA’, e cioè semplificazione e snellimento di attività nei dicasteri
  8. SUSSIDIARIETA’, per un diretto sostegno alla Segreteria di Stato .
  9. SINODALITA’, con abituali riunioni dei Capi Dicastero insieme al Papa.

Ci sono poi gli altri tre criteri che hanno aspetti particolarmente interessanti per l’impostazione della riforma.

Il 10° criterio è la CATTOLICITA’. Il papa ha detto chiaramente che il personale, a tutti i livelli, deve provenire da tutto il mondo. E in particolare ..“di grande importanza è inoltre la valorizzazione del ruolo della donna e dei laici nella vita della Chiesa e la loro integrazione nei ruoli-guida dei Dicasteri, con una particolare attenzione alla multiculturalità.”

L’11° criterio è la PROFESSIONALITA’. Francesco ha parlato della necessità di una formazione permanente, ma con durezza ha fatto un riferimento esplicito a pratiche inaccettabili: “D’altra parte, è indispensabile l’archiviazione definitiva della pratica del promoveatur ut amoveatur. Questo è un cancro.”

Il 12° criterio, infine, è indicato come GRADUALITA’ (DISCERNIMENTO) Il papa lo ripropone (non a caso è identificativo della Compagnia di Gesù). Del resto, già subito dopo la sua nomina ne parlò, dicendo di non pensare a posizioni precostituite senza discernimento, senza verifica.

Non è stato un anno facile il 2016 per papa Francesco. Nonostante l’anno santo della Misericordia, nonostante il consenso riscontrato tra gli umili, nonostante le riflessioni accese nel mondo dei laici (Scalfari che chiude l’articolo di domenica scorsa con il Vangelo di san Giovanni, Erri de Luca che ricorda che “Cristo è incompatibile con i poteri del mondo, con le ricchezze accumulate, con i privilegi”).

Almeno per due volte ha parlato della sua sensazione di un pontificato breve (anche se ha aggiunto che non si fermerà nella sua missione di rinnovamento).

E parlando dei suoi ottanta anni, si è augurato un periodo gioioso.

Ancora una volta, a Natale, ha voluto puntigliosamente ricordare, uno per uno, tutti i conflitti che insanguinano la terra.

Ancora una volta ha espresso la sua condanna per l’economia del profitto, per l’adorazione del dio denaro.

Nel mondo di Trump, di Putin, di Hassad, della Merkel, dell’Isis, la sua è una voce diversa.

Una voce che grida nel deserto? Forse.

Ma una voce che sarebbe giusto fosse raccolta dalle donne e dagli uomini di buona volontà.

di Carlo Faloci

 

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