Ndrangheta: le mani sul Ponte sullo Stretto

Grandi Opere, grandi affari, grandi mafie. Un blitz coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, l’operazione “Sansone”, porta all’arresto 26 persone dei clan calabresi di Archi e Villa S.Giovanni. Gli arrestati, affiliati alle cosche Condello, Zito-Bertuca, Buda.Imerti e Garonfolo, sono accusati di estorsione alle imprese impegnate in appalti pubblici. Tutti dovevano fare “il regalino allo zio” Domenico Condello detto Micu u’ pacciu. Dal provvedimento si comprende come i clan hanno infettato il comune di Villa San Giovanni. Il sindaco, Antonio Messina, sospeso pochi giorni fa dal prefetto in seguito a una condanna in primo grado per falso e abuso d’ufficio, è stato intercettato. Così Felicia Bertuca, che informava il boss Pasquale, suo fratello, che l’indagato Vincenzo Cristiano (arrestato) aveva ricevuto un “pensiero per sè e per lui da parte di un amico che gli avevi fatto un favore…tu…per un coso del comune…una licenza”.
Le intercettazioni effettuate dal Ros dei carabinieri, fa rilevare la capillare infiltrazione della n’drangheta in tutti i settori politico-economico-finanziari, collegati con le grandi opere, per la costruzione del Ponte sullo Stretto. Boss e gregari, capi clan e famigli, politici asserviti e fiancheggiatori, discutono di appalti, licenze e lavori. Un grande banchetto dove tutti siedono per mangiare il denaro pubblico. Le microspie registrano anche le risatine di giubilo, che diligentemente gli uomini del maggiore Leandro Piccoli annotano. Era il 22 giugno 2011 quando il ragioniere del clan, Vincenzo Sottilaro, si presentava nella sala colloqui del carcere di Palmi per aggiornare il boss Pasquale Bertuca, suo zio, sulla raccolta delle mazzette riscosse dagli imprenditori di Villa San Giovanni.
Le trivelle di una ditta siciliana, erano state incendiate alcuni mesi prima, dovevano fare dei sondaggi in contrada Pezzo, dove andava interrato uno dei piloni del Ponte. L’intimidazione riuscì in pieno, anche se non ci sono prove che lo collegano al clan Bertuca. Ma dalle intercettazioni emerge che in quel pantano ci sguazzano gli indagati e arrestati nell’operazione “Sansone”. Il procuratore Federico Cafiero De Raho non si sbilancia, e resta sui dati oggettivi emersi dall’inchiesta: “Certamente uno degli imprenditori che si occupava dei lavori della Salerno-Reggio Calabria, e del Ponte sullo Stretto è stato oggetto del fermo perché accusato di associazione mafiosa. Almeno per il quadro indiziario valutato dalla Procura è ritenuto un elemento della cosca”. La ‘ndrangheta ha già messo le mani sul Ponte, così si deduce dalla base degli elementi emersi dalle indagini e dalle intercettazioni che riscontrano quanto è già stato scritto dalle inchieste giornalistiche.

di Claudio Caldarelli

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