Giuseppe Insalaco: il sindaco dei cento giorni

L’amministrazione di una città grande come Palermo non può non coinvolgere le grandi opere e gli appalti da affidare alle imprese, per il mantenimento di tutte le strutture. Dalla raccolta dell’immondizia, alle strade, alle imprese edili, molto deve passare dal Comune, come da ogni comune, e tutto deve essere sottoposto alla firma del Sindaco. Giuseppe Insalaco divenne sindaco di Palermo il 17 aprile del 1984 e fu costretto a dimettersi il 13 luglio dello stesso anno. Un breve periodo alla guida di una città difficile, animato da importanti valori, dall’intenzione di porre una precisa regolamentazione nell’assegnazione degli appalti. Alla base del suo lavoro una volontà di ricerca onesta e puntuale del miglior interesse della collettività contro l’interesse, solo economico, di pochi imprenditori.

Giuseppe Insalaco, all’atto del suo insediamento, ebbe a dichiarare, quasi a manifesto del suo futuro operato, che da quel momento l’assegnazione degli appalti sarebbe avvenuta solo tramite la partecipazione a delle gare pubbliche. Un duro colpo inferto a chi era abituato a possibilità più semplici e immediate di accesso al denaro pubblico.

Insalaco non era un ingenuo e nemmeno uno sprovveduto. Era un uomo della DC, che conosceva bene i segreti interni del suo partito, ma era anche un uomo che, occupando una carica di potere, lo avrebbe voluto utilizzare per far saltare i vecchi meccanismi consolidati.

Questo fece di lui un personaggio immediatamente scomodo, fastidioso, al punto che, come lui stesso scrisse in un memoriale, fu lasciato solo dagli stessi esponenti della democrazia cristiana dell’epoca. Solo contro tutto e tutti.

Egli avrebbe voluto modificare il sistema instaurato da Ciancimino di cui nel suo breve mandato subì le costanti pressioni. Ascoltato in commissione Antimafia denunciò l’esistenza di intrecci politico mafiosi e in modo chiaro quello che era il sistema degli appalti a Palermo, sui cui, da sindaco mise mano, andando contro un apparato, in vigore da decenni, grazie al quale, una società come la Lesca, si occupava anno dopo anno delle fogne e delle strade della città, e la Icem della illuminazione pubblica.

La sua fu una lotta difficile, condotta in un isolamento pressoché totale. Fu costretto alle dimissioni, fu perseguitato da accuse anonime di un Corvo, fu arrestato e interrogato. Dopo essere stato ascoltato dai magistrati, nell’ottobre del 1984, in seguito alla denuncia del malaffare vigente in Palermo, immediatamente dopo la sua deposizione, la sua auto fu data alla fiamme. Un avvertimento di chi temeva le sue parole.

Il risultato fu un lungo periodo di calunnie, sotto attacco, che si sarebbe concluso soltanto con la sua uccisione, in via Cesareo, ad opera di killer della mafia, il 12 gennaio del 1988.

I suoi assassini furono riconosciuti essere Domenico Gangi e Domenico Guglielmini, inviati ad uccidere Giuseppe Insalaco per eliminare ogni possibilità ulteriore di racconto e rivelazioni.

Un uomo che dovrebbe essere ricordato e di cui, invece, si parla pochissimo. Eppure in quei mesi da sindaco, Giuseppe Insalaco, si era mosso con un desiderio bruciante di cambiamento, con una frenesia che sembrava quasi manifestare la paura di non riuscire negli obiettivi che si era proposto. Possiamo forse pensare che la sua era solo consapevolezza del fatto che, da solo, stava disturbando intrecci di poteri che, pur se sotto gli occhi di tutti, nessuno aveva, con altrettanta decisione, osato disturbare.

di Patrizia Vindigni

I due volti di Palermo

Immmagini del documentario lungometraggio “I due volti di Palermo” sulla figura e la storia di Giuseppe Insalaco (sindaco di Palermo ucciso il 12 gennaio 1988) e la Palermo del malaffare, degli appalti e dei rapporti tra mafia politica massoneria ed imprenditori a tra gli anni 70 e 80.

Regia di Sergio Ruffino

colonna sonora: Vito Mandina

produzione: associazione Palermo Doc

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