Un popolo senza diritti: le donne Rom

La vergognosa scena postata su You Tube e su Face Book, in cui si vedono e si sentono le urla disperate di due donne Rom, rinchiuse arbitrariamente in una gabbia, fuori da un supermercato, da tre dipendenti che pensavano di aver fatto una bella cosa, ha fatto il giro del mondo. Il fatto è avvenuto a Follonica alcuni giorni fa, e in molti hanno riso e condiviso la vergognosa scena, tra cui Salvini il leader della Lega. Il caso delle due donne Rom e l’uso dei social come palestra di idiozia, amplificatore della miseria umana, non dei Rom, ma dei tre dipendenti. Il gabbiotto dove normalmente vengono riposti cassonetti di rifiuti e merce fallata o andata a male, diviene la prigione abusiva del fai da te di una società che pensa con il ciuffo posticcio di Trump. Le persone che non ci piacciono, gli indesiderati, gli ultimi, possiamo tranquillamente segregarli e poi mandare un messaggio al mondo, per far vedere che ognuno può togliere di mezzo il proprio simile, se non gli aggrada il modo di vestire o la razza di appartenenza. Le donne rinchiuse coattamente, urlano disperate e spaventate, ma questo non fa minimamente impietosire i tre giustizieri, che armati di cellulare, riprendono la scena, urla e disperazione compresi. Ridono e giocano. Uno dice “Non si può entrare nell’angolo rotture della Lidl”. Continuano a riprenderle, poi postano il video e inizia, in rete, una catena di condivisioni. In molti la percepiscono come una bravata, ma non lo è. Addirittura circola in rete un frammento con l’immagine della donna, che urla nella gabbia con la scritta “trappola per zingari”. Un fotomontaggio che è stato condiviso migliaia di volte. La Lidl dimostra un comportamento responsabile e condanna l’episodio in un comunicato: sa benissimo che dentro le regole democratiche, un gesto del genere è un moltiplicatore di violenza, è l’indicazione di un bersaglio. Intanto si susseguono commenti più disparati, assurdi e giustificatori: la miseria umana entra in scena con il suo carico di barbarie. “Un gioco era ma quale sequestro di persona” “ma voglio vedere se succede a casa tua che becchi una zingara cosa succede” ma quanto buonismo” eccola finalmente la parola magica che assolve tutti “buonismo”. Scrive Roberto Saviano:” Questa parola, buonismo, è diventata una specie di scudo contro qualsiasi pensiero ragionevole, contro qualsiasi riflessione in grado di andare oltre il raglio della rabbia e la superficialità del commento. Qualsiasi cosa non sia circoscritta nel perimetro dell’insulto o che abbia marchio del sarcasmo diventa buonismo. Una parola sacra, quella di bontà, costretta in un contesto del tutto estraneo. Qui nessuno sta facendo appello alla bontà, si vuole analizzare un comportamento e valutarne le conseguenze. Eppure parlare di diritti umani è buonismo. Parlare di integrazione è buonismo. Criticare gli insulti degli hater è buonismo. Valutare criminali le affermazioni di Salvini è buonismo. Quindi cosa è non-buonismo? L’insulto, il cachinno, il darsi di gomito, il pettegolezzo”. Smettiamola. Aboliamo questa parola. Qui non c’entra neanche il politicamente corretto, espressione abusata dagli stessi che usano la parola “buonista” come sinonimo di una politica ipocrita che proclama i buoni sentimenti ma poi nel quotidiano fa pagare agli altri il prezzo della propria correttezza e si mantiene nel privilegio. Nulla è più rigoroso e dignitoso della correttezza invece.

Due donne rovistavano tra i cassonetti delle cose fallate e buttate, lo consideriamo un reato, anche se lo fosse, nessuno può impunemente violentarle verbalmente, rinchiuderle, vesseggiarle, poi riprenderle e fare i galli sulla monnezza, che nella saggezza napoletana significa farsi fighi sui disperati. Ed è vergognoso questo comportamento, così come lo è quello di tutti coloro che hanno condiviso e rilanciato il video, aggiungendo commenti violenti e arroganti. Questo è il popolo di Trump, di Salvini, di Le Penn…

di Claudio Caldarelli

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