Il reato di tortura in Italia non è ancora realtà. A quando la sua introduzione?

Che duri o no fino al 2018, pare che nemmeno questo parlamento riuscirà ad introdurre in Italia il reato di tortura. Questo nonostante nel 1988 l’Italia ratificò la Convenzione ONU in materia. Ma alle promesse, in 29 anni non sono mai seguiti i fatti. Cosa ancora più grave se si considera che nel 2015 la Corte europea dei diritti dell’uomo ci ha condannati per la condotta tenuta dalle forze dell’ordine durante l’irruzione alla scuola Diaz al G8 di Genova del 2001. In verità esiste un d.d.l. attualmente all’esame delle camere, ma dopo la l’approvazione a Montecitorio, è stato prima modificato in commissione al Senato – rendendo così necessario un nuovo passaggio alla Camera – e poi bloccato dai veti politici. Perchè sembrerà incredibile ma in Italia c’è chi la tortura non vorrebbe punirla, e dalle dichiarazioni di alcuni esponenti di NCD, Forza Italia e Lega non è difficile immaginare chi. Dall’altra parte c’è chi invece si fa bello con il voto alla Camera ma poi quando la discussione approda al Senato, dove i numeri sono più risicati, fa di tutto per non andare alla conta.

Il risultato è che per il reato di tortura bisognerà aspettare ancora, e quasi certamente non sarà il governo Gentiloni a porre la questione. Giova specificare che quando si parla di tortura s’intende quella perpetrata da agenti di polizia e altri pubblici ufficiali. Il nostro Codice Penale prevede, all’articolo 608, limiti per gli abusi sulle persone che si trovano in stato di fermo o arresto, ma non ci sono riferimenti a tutele e garanzie. Diverso è il caso di abusi da parte di comuni cittadini: le misure in questo caso non si applicano alle forze dell’ordine. Insomma, non c’è un reato specifico. E la cosa per un paese che si definisce avanzato non è grave: è scandalosa. Specie alla luce dei casi Cucchi, Aldovrandi e Uva. E non ha senso chiedere conto all’Egitto della morte di Giulio Regeni se per noi neanche è un crimine, la tortura.

di Valerio Di Marco

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