Il viaggio di un padre che nasce dopo la figlia

“Il padre d’Italia” di Fabio Mollo esce nelle sale cinematografiche italiane negli stessi giorni in cui sono usciti i dati sul calo demografico nazionale e la fuga dei nostri giovani all’estero. Così il titolo del film diventata emblematico di una drammatica situazione reale in atto. Tanto per ribadire che il cinema riesce a volte non tanto a fare riferimento alla realtà quanto a essere direttamente la realtà.

I protagonisti del film sono Mia e Paolo, in un’interpretazione sensibilmente delicata e toccante di Isabella Ragonese e Luca Marinelli. Si incontrano casualmente una notte in un locale gay. Paolo, infatti, è omosessuale e si è appena lasciato con il suo compagno dopo otto anni di convivenza. Mia è la cantante di un gruppo musicale che si esibisce anche in quel locale. Non si conoscono, non si sono mai visti prima, ma Mia – tra le luci stroboscopiche e le pulsazioni ritmiche della dark room – sviene proprio accanto a Paolo. Lui l’aiuta, l’accompagna a un Pronto Soccorso. Gli dicono che è incinta, ma lei firma per uscire. Sbattuta fuori dal gruppo musicale, senza una casa, senza neanche l’uomo che l’ha messa incinta, a Mia resta davvero solo quel desolato angelo gay che cerca di darle una mano con il furgone preso in prestito dalla ditta di consegne per cui lavora. Inizia così un viaggio, un road movie che parte da Torino, passa per Roma, Napoli, scendendo fino a sud, in Calabria, nel paese in cui lei è nata. Qui c’è la scena dei due protagonisti che ballano un lento sulla terrazza assolata. È una citazione esplicita al film del 1977 di Ettore Scola “Una giornata particolare” con Sofia Loren e Marcello Mastroianni. Solo che lì Antonietta aveva sei figli, e qui una madre che rimprovera Mia per volere – nelle sue condizioni – mettere al mondo quella sua prima creatura.

Per la mancanza di lavoro, reddito certo, una casa e anche una famiglia che possa sostenerli è come se pure i ragazzi eterosessuali d’Italia fossero di fatto gay, in quanto non si trovano più nella condizione economica, bio-politica, di sicurezza e stabilità per mettere al mondo un figlio, senza vederlo soffrire e privato di quanto essi hanno almeno avuto dai loro genitori. Quante ragazze si trovano costrette a reprimere il desiderio di maternità, a rimandare l’età della procreazione per mancanza di qualsiasi prospettiva? Questo film vuole essere un’apertura luminosa alla speranza, pur senza negare o attenuare il quadro drammatico della realtà. Ma l’invito a fare in modo che siano assecondate la forza e la spinta della natura – che il personaggio di Mia esistenzialmente, poeticamente qui ben rappresenta – dovrebbe essere rivolto in primo luogo a chi nel nostro paese dovrebbe istituzionalmente promuovere spazi, tempi, respiri adeguati a restituire ai nostri giovani questa possibilità. Da secoli ormai l’umanità non è più solo natura ma soprattutto storia, società, civiltà. Anche perché un uomo – per quanto possa fare, amare, parlare, viaggiare – come padre nasce sempre solo dopo il figlio, la figlia.

di Riccardo Tavani

 

Print Friendly, PDF & Email