La madre-coraggio che denunciando ha firmato la sua condanna a morte

Siamo a Torre Annunziata, in provincia di Napoli. Matilde Sorrentino è madre di due figli. Suo marito è in pensione e lei fa le pulizie in alcuni palazzi in zona per contribuire alle spese della famiglia.

Salvatore, uno dei suoi figli, non ha ancora compiuto sette anni e frequenta la scuola elementare del Rione dei Poverelli. Matilde, assieme ad altre due mamme, capisce che all’interno delle mura scolastiche e non solo, sta accadendo qualcosa di brutto.

I piccoli, drogati e fatti ubriacare, venivano portati nei bagni della scuola o in appartamenti limitrofi, dopodiché una banda di pedofili abusava di loro.

Una cosa orribile questa che, appena scoperta, venne prontamente denunciata dalle tre donne nell’autunno del 1996. Le testimonianze dei bambini non lasciarono alcun dubbio alle forze dell’ordine e, l’11 giugno del 1997 scatta un blitz in cui vengono arrestate 17 persone, tra cui tre donne.

Al processo, per testimoniare, le tre donne sono sole. Sole, contro una massa di parenti, amici e compaesani di quei mostri che le insultano e le spintonano. Con loro non ci sono neanche i loro mariti.

A parte due persone prosciolte, gli altri vengono tutti condannati, ma solo due anni dopo usciranno dal carcere per via della scadenza dei termini. I due maggiori imputati erano Ciro Falanga e Pasquale Sansone, che qualcuno ucciderà entro le 24 ore successive alla loro liberazione. Si dice sia stata la Camorra a mettere in atto quella “giustizia” che lo Stato non era stato in grado di garantire. Perché “i bambini sono si toccano”, perché i pedofili non possono essere perdonati.

Arriviamo al 2004. Salvatore è cresciuto ma lui e la sua famiglia, dopo quel giorno, vivono come degli eremiti. Una sera di marzo, alle otto e venti, qualcuno suona alla porta di casa e Matilde va ad aprire. Non sa che, di fronte, ha il suo carnefice.

Sei colpi d’arma da fuoco in viso e sul corpo, e di Matilde non resterà che il ricordo della donna coraggiosa, della sua lotta contro gli abusi sul figlio e contro quel gruppo di maiali schifosi che li ha messi in atto.

Matilde è stata uccisa da un sicario uscito da poco di prigione e che si è costituito pochi giorni dopo, mandato ad ucciderla per vendetta da parte di uno di quegli orchi.

Quest’anno, dopo 20 anni, la Corte d’Appello di Napoli ha riconosciuto a Salvatore un risarcimento di 800mila euro per essergli stato negato il “diritto all’infanzia”. Salvatore, negli anni, ha perso anche suo padre, stroncato da un infarto, ed è stato affidato a suo fratello maggiore.

Nessuna somma di denaro potrà mai colmare la mancanza dei genitori e quell’infanzia che gli è stata portata via in quel modo. Magari però, grazie a quei soldi ora potrà lasciarsi tutto alle spalle ed iniziare a vivere una vita nuova in un posto migliore, lontano da uomini cattivi, mafia, camorra, pregiudizi, occhi indiscreti e dita puntate.

di Ludovica Morico

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