Quel pomeriggio di un giorno da cani

Torna la paura. Di nuovo. Ancora nel cuore dell’Europa. Londra il teatro degli attentati. Le immagini del Big Ben e di Westminister tornano prepotentemente sugli schermi delle nostre tv, rimandando alla memoria ricordi di una decina d’anni fa. Oggi lo scenario è lo stesso, la capitale inglese, ma ad essere colpito è un altro dei tanti simboli londinesi. Non più la metropolitana, la “Tube” storica che con le sue innumerevoli linee, costituisce l’emblema della vita industriale e del capitalismo. Oggi l’obiettivo è di tipo politico, oggi l’obiettivo è il Parlamento inglese, sede di decisioni di fondamentale importanza per lo scacchiere geopolitico internazionale.

Il 22 marzo alle 14 e 30, Londra è assorta nel suo tipico torpore, fatto di nebbia e rumori ovattati. Di fronte al Parlamento inglese centinaia di persone passeggiano, fanno jogging, vanno al lavoro, scattano foto al campanile più famoso del mondo, Ancora non sanno che da lì a pochi minuti il piazzale di fronte a Westminister si coprirà di sangue innocente.

Intorno alle ore 14 e 40 un Suv Hyundai i40 grigio lascia la carreggiata, sale sul marciapiede sinistro del ponte di Westminster e si scaglia contro i passanti. Una donna, con uno scatto istintivo e quasi suicida scavalca il parapetto e si getta nel Tamigi. Nonostante le ferite riportate sul ponte, sopravvive all’impatto e viene tratta in salvo qualche minuto dopo dalla polizia fluviale.

Intanto il Suv continua la sua corsa e si va a schiantare contro uno dei cancelli del Parlamento.

Ha lasciato dietro di se una scia di sangue lunga decine di metri.

Aysha Frade, quarant’anni, stava andando a prendere i figli a scuola; Kurt Cochran, cinquantaquattrenne, un turista statunitense, era in visita a Westminster; Leslie Rhodes, settantacinquenne, era un lavavetri pensionato. Persone innocenti che non c’entrano nulla con le dinamiche di potere e le politiche militari in medio oriente. Persone che passeggiavano, scattavano foto fischiettando, si godevano la giornata.

Quando l’attentatore scende dall’auto, noleggiata la settimana prima, ha in mano due coltelli di 15 centimetri. Un ufficiale di polizia, Keith Palmer, cerca di disarmarlo ma riceve diverse coltellate e cade a terra, esanime. Dall’altra parte della strada due poliziotti in borghese esplodono tre colpi contro il terrorista che stramazza al suolo.

Due minuti di puro terrore, di sangue, di apprensione. Cinque vittime. Londra si barrica e tutta l’area intorno al Parlamento viene blindata.

L’ultima parola sulla strage, come di consueto, arriva dal Medio Oriente, dallo Stato Islamico. L’Isis rivendica l’attentato poche ore dopo, sui propri canali internet, mettendo la firma anche su questo attentato.

“Sangue al sangue” titola il loro Post…

di Giovanni Antonio Fois

 

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