La lotta di Tiberio Bentivoglio contro la ‘ndrangheta. Una richiesta di intervento per rendere efficaci gli strumenti a favore delle vittime dei ricatti mafiosi.

Tiberio Bentivoglio è un imprenditore calabrese che dal 1992, da ben venticinque difficili anni, sta combattendo una battaglia personale e, purtroppo, solitaria contro la ‘ndrangheta.
Da uomo coraggioso, non avendo voluto cedere il frutto dei propri sacrifici agli estorsori che gli chiedevano di pagare il pizzo, dopo una valutazione di quanto si stava trovando a vivere con la sua famiglia, armato solo della sua volontà, si è opposto alle loro richieste, nel rispetto delle proprie convinzioni e dell’avversione al mondo della criminalità organizzata. In nome della libertà di disporre della propria vita e dei propri beni che lo Stato, innanzitutto lo Stato, dovrebbe garantire da ogni illecito prepotere.
Da quel 1992 la ‘ndrangheta, posta di fronte al suo NON PAGO, non lo ha più lasciato in pace. Intimidazioni, minacce, merce data alla fiamme, una decina gli attentati subiti. I suoi figli, che nel 1992 erano ancora dei bambini, sono cresciuti sentendo concretizzarsi l’odore degli odiosi ricatti negli incendi dei depositi della sanitaria.

La sanitaria all’epoca delle prime richieste era un’impresa ben avviata che stava per compiere un balzo di qualità ma che, successivamente alla decisione di opporsi agli avvertimenti, si è trovata piano piano in difficoltà sempre più grandi.

Il fatto è che, per un’impresa minacciata dalla mafia perché si rifiuta di pagare il pizzo, i mali arrivano dai due poteri esistenti sul territorio, quello legittimo e quello illegittimo. Lo Stato e la mafia. Se infatti da un lato la mafia, nella veste della ‘ndrangheta, gli incendia i depositi e gli impedisce di lavorare tranquillamente, dall’altro lato lo Stato, con la mancata attuazione di un pronto risarcimento dei danni subiti, riconosciuto a chi è vittima di queste maledette organizzazioni mafiose, ha determinato (determina) l’assurda situazione che, risultando moroso (ma come non esserlo quando ti distruggono tutto), Equitalia gli ha ipotecato i beni. A questo punto Tiberio Bentivoglio, moroso perché incalzato dalla mafia, dovendo pagare i dipendenti, i loro contributi e avendo dovuto anche dovuto ricominciare, più volte, da capo l’attività, non ha più avuto risorse (Banche) a cui attingere. Con quali beni avrebbe d’altronde potuto garantire la solvibilità dei prestiti? Non con quelli ipotecati.

Tiberio Bentivoglio è un uomo che, quindi, si ritrova solo, contro una delle criminalità organizzate più determinate, e che deve, giorno dopo giorno, cercare un modo nuovo per vivere e per portare avanti la sua famiglia. Una famiglia che ha rischiato di perderlo perché nel 2011 egli ha anche subito un fortissimo attacco contro la sua vita. E’ infatti il mese di febbraio 2011 quando, in un agguato, gli sparano contro sei colpi di pistola. Un colpo lo raggiunge alla gamba, un altro, che avrebbe dovuto essere mortale, viene bloccato, quasi miracolosamente, dal portafoglio all’interno del marsupio. Un colpo calibro 7.65, che non voleva lasciarlo vivo, per puro caso, perde la sua potenza distruttiva e, nonostante il terribile momento, Tiberio Bentivoglio resta vivo e può continuare nella sua battaglia.
Perché Tiberio Bentivoglio ha un coraggio raro, quello che sopravvive perché si basa su valori importanti, sul riconoscersi un uomo con una dignità e una libertà da difendere.

Il suo pensiero, lo racconta lui stesso, ovviamente va anche ai suoi figli che hanno dovuto conoscere, forzatamente, una vita diversa da quella che i loro genitori avrebbero voluto proporgli. Un’azienda sana, vivace, cresciuta grazie anche all’affetto e alla stima dei cittadini di Reggio, questo avrebbe dovuto essere il contrappunto della loro vita. Non i depositi dati alle fiamme.

L’imprenditore, che oggi esercita la propria attività in un bene confiscato alla ‘ndrangheta e che è supportato nella sua battaglia da Libera di Don Ciotti, ha però bisogno di essere sostenuto, non solo moralmente, da parte dello Stato. Rialzarsi dopo l’ennesimo attentato del febbraio 2016 non è stato certo facile. Molti sono i debiti fatti e con l’ipoteca di Equitalia, come detto, le banche non concedono credito a Bentivoglio. E se un imprenditore attaccato dalla mafia si trova a dover dare soldi anche allo Stato, che non considera la particolarità della situazione, il rischio finale è che, con la prospettiva di una vita infernale, non saranno mai molti quelli che si rifiuteranno di cedere di fronte alle minacce estorsive.

Occorre con urgenza che si renda efficiente la struttura volta alla loro tutela. Occorre perché uomini (famiglie) che hanno trovato il coraggio di opporsi al prepotere mafioso siano messi nella condizione di poter sopravvivere agli attacchi dannati e violenti, schierando tutte le forze e risorse necessarie.

Tiberio Bentivoglio ha tracciato la strada giusta da seguire. Adesso tocca allo Stato permettergli di vivere serenamente, contro ogni mafia, la sua vita. Perché tutti si ribellino al pizzo.

di Patrizia Vindigni

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