Vaccinazioni: l’ascolto e la caccia alle streghe

Ancora una volta, la nostra instancabile ministra della Salute si è attivata per salvare il Paese dal rischio delle malattie infettive. Il problema sembra nascere dal fatto che esiste una certa percentuale di genitori che non fanno vaccinare i loro bambini, minacciando quella che ormai tutti abbiamo imparato a chiamare “immunità di gregge”. L’intero governo si è mosso e promette che nel corso del prossimo CDM verrà discusso e, si spera, approvato un decreto che, finalmente, renda obbligatorie le… vaccinazioni obbligatorie; e che, inoltre, escluda i bimbi non vaccinati dalle scuole pubbliche e private, di ogni ordine e grado, ma senza ledere il loro diritto allo studio.

Questo, almeno, è quello che mi è sembrato di capire dalle notizie date dalla stampa e dai telegiornali: è possibile che abbia frainteso, ma temo proprio che siamo in presenza di un altro di quei pasticci che la nostra politica è così brava ad armare.

In realtà, il problema dell’obbligatorietà delle vaccinazioni e dell’adesione dei cittadini alle politiche vaccinali esiste davvero, è diffuso in tutto il mondo ed è una cosa molto seria, che richiederebbe risposte altrettanto serie.

Cerchiamo di esaminarlo.

Prima di tutto, è del tutto normale che una certa quota di cittadini sia diffidente verso le pratiche vaccinali in generale: in Italia sarebbero attorno al 20%, mentre, tanto per fare un confronto, in Francia sarebbero il 41% (secondo una ricerca del Vaccine Confidence Project citata da Wikipedia). Questo è un fatto, di fronte al quale la politica sembra voler reagire con le armi della coercizione; al contrario, percentuali così elevate di “vaccinoscettici” sembrano indicare la necessità di aprire un dialogo, di comprendere le ragioni dello scetticismo e di ragionare (forse qui sta la difficoltà, per il nostro governo) sull’argomento.

Il problema della risposta della popolazione ai piani vaccinali non è soltanto un problema italiano né soltanto un problema politico. Sulla rivista Clinical Microbiology and Infection (organo della Società Europea di Microbiologia e Malattie Infettive) nel dicembre scorso è stato pubblicato un interessante articolo (“The importance of the patient voice in vaccination and vaccine safety-are we listening?”) che, prendendo atto del problema, invita la comunità scientifica a considerare la voce dei pazienti sui vaccini e sulla loro sicurezza. Se i medici al più alto livello si pongono il problema dell’ascolto, perché mai la politica nostrana reagisce in modo autoreferenziale e stupidamente autoritario?

In realtà, le leggi vigneti già impongono come obbligatorie 4 vaccinazioni e ne raccomandano altre. Tuttavia, l’obbligatorietà non è stata accompagnata, finora, da sanzioni (né penali né amministrative). Infatti, esiste l’esigenza di contemperare la tutela della salute in generale con il diritto individuale all’autodeterminazione. Non è un problema di poco conto, viste le garanzie previste dalla Costituzione, dal momento che ogni vaccinazione, pur essendo finalizzata alla tutela della popolazione da alcune malattie infettive, non è scevra di rischio per la persona che la subisce. In effetti, le vaccinazioni di massa sono ritenute efficaci e sicure nel senso che il rischio connesso alla malattia è considerato molto più elevato rispetto al rischio connesso al vaccino, ma non perché quest’ultimo sia nullo. Una ricerca condotta sulla base dell’Australian passive surveillance data for adverse events following immunisation (AEFI) relativa al periodo 2000-2014 (è la più recente, per quanto posso sapere, da parte di un ente ufficiale) censisce una serie molto numerosa di effetti collaterali non gravi (come reazione locale, febbre o vomito) e 221 eventi, pari al 7%, definiti gravi (“classified as serious”) con 5 decessi in cui non è stato possibile trovare un “chiaro nesso causale” con la vaccinazione.

Ecco perché, finora, il legislatore è stato prudente: ha stabilito che alcune vaccinazioni sono obbligatorie (quindi si persegue una lotta ad alcune malattie infettive gravi) ma non sono previste sanzioni per gli inadempienti (quindi si rispetta, implicitamente, la possibilità del rifiuto). E’ un compromesso, tra due istanze egualmente forti.

D’altronde, una scorsa al data-base MEDLINE consente di verificare che i lavori scientifici relativi alle voci complicanze o effetti collaterali o encefaliti post-vacciniche sono 27.536: per dire come l’argomento sia oggetto di studio approfondito e non una “fake news”.

Uno studio italiano, condotto sui sistemi di vigilanza Vaccine Adverse Event Reporting System database ed EudraVigilance post-authorisation module, che coprono oltre un miliardo di persone, ha riscontrato 205 e rispettivamente 236 segnalazioni di encefalomielite acuta disseminata in rapporto con le vaccinazioni più diffuse. Non in tutti i casi è dimostrabile un rapporto di causalità, ma il problema, sebbene percentualmente “contenuto”, esiste e non può non pesare sulle leggi che vogliono normare questa complessa materia.

Ma, allora, perché mai le vaccinazioni sono in parte obbligatorie ed in parte raccomandate? Perché, non dimentichiamolo, le malattie da cui ci si vaccina sono molto più pericolose: il morbillo, per fare un esempio pratico, pur essendo una malattia esantematica molto comune, ha complicanze e mortalità ben superiore alla vaccinazione antimorbillosa. Il tetano è una malattia mortale.

Consentitemi, però, un paragone.

L’appendicite acuta è una malattia potenzialmente mortale. Se io mi rifiutassi di operare un paziente con l’appendicite acuta sarei un criminale. Tuttavia, sono obbligato dalle leggi e dall’etica professionale ad ottenere un consenso informato, senza il quale sono passibile di sanzione penale. Devo dire al paziente che anche l’intervento ha le sue complicanze ed una pur bassa mortalità: ad esempio, il rischio di morte per la sola anestesia generale è ritenuto essere di un caso su un milione. Ciò nonostante, non c’è nessun bisogno di rendere l’appendicectomia obbligatoria per legge: non mi è mai capitato che un paziente abbia rifiutato di firmare il consenso.

L’obbligatorietà delle vaccinazioni esime dalla richiesta di un consenso informato. Ma ciò non vuol dire che i cittadini non debbano essere informati. Forse, quel 20% di italiani che non si fidano è dovuto proprio alla reticenza delle istituzioni ad informare correttamente. Forse, se i medici che esprimono perplessità sulle vaccinazioni vengono radiati dall’Ordine professionale per il solo motivo di esprimere delle perplessità, i cittadini diventano sospettosi: perché una caccia alle streghe di sapore medievale anziché un discorso serio, un confronto costruttivo? Così facendo, i “vaccinoscettici” saranno sempre più convinti che dietro certi atteggiamenti ci sia lo zampino di “bigpharma”. E, come diceva Andreotti, a pensar male…

In fondo, alcune perplessità sono del tutto legittime. Per esempio, si potrebbe discutere sull’obbligatorietà dell’antipolio in un Paese in cui dagli anni 80 del secolo scorso non c’è più stato un caso di poliomielite. Come pure si potrebbe discutere sulla prassi di fare multivaccinazioni contemporanee, stressando il sistema immunitario dei bambini in modo così massivo, quando si sa che le complicanze maggiori sono dovute alla stimolazione abnorme del sistema immunitario.

I 14 autori dell’articolo che citavo all’inizio (quello sull’importanza della voce dei pazienti, sulla necessità dell’ascolto) giustamente sostengono che “la chiave per affrontare ogni preoccupazione dovrebbe essere ascoltare di più e sviluppare uno stile di comunicazione che sia basato sulla fiducia e formato sulla scienza”. Non tenere fuori dalla scuola i bambini non vaccinati, o minacciare i medici meno “allineati”.

di Cesare Pirozzi

Print Friendly, PDF & Email