Vittime della Strage di via dei Georgofili: per non dimenticare

Giovanna Maggiani Chelli, Presidente dell’Associazione vittime della Strage di via dei Georgofili, risponde ad alcune riflessioni sulle pagine di stampacritica.

Correva l’anno 1993. Era maggio. Era la notte tra il 26 e il 27 maggio. Era l’una e quattro minuti quando una esplosione potentissima fermò la vita di cinque persone e allo stesso tempo fermò il cuore in gola all’Italia intera. Firenze fu svegliata da quel botto potente, da subito si udirono le sirene dei soccorsi dirigersi nel cuore della città, quei suoni di allarme acuti si dirigevano verso gli Uffizi. La paura dei fiorentini lasciava il posto ormai alla consapevolezza che qualcosa di impensabile era successo.

Sì, gli Uffizi, era lì che si dirigevano a sirene spiegate i soccorsi, o per lo meno dietro quel complesso che raccoglie grandi quantità di opere d’arte uniche al mondo. Quel botto di morte era partito da via dei Georgofili.

Via dei Georgofili, una stretta stradina nel cuore di Firenze, è un breve vicolo che dal Lungarno termina al palazzo dell’Accademia dei Georgofili, che fa angolo con via Lambertesca. Qui esplosero all’una e quattro minuti quasi duecento chili di tritolo stipati in un’automobile. Dietro la galleria degli Uffizi. Lo scoppio squassò Firenze. Fu subito devastazione, luoghi sventrati dalle bombe, fiamme, macerie, la reazione della città tra dolore e rabbia. E questo di Firenze è uno degli attentati più feroci della stagione stragista della mafia.

Quella notte l’esplosione strappò cinque vite, sterminando un’intera famiglia, tra cui una bambina di nove anni e una neonata e uccidendo lo studente ventiduenne Dario:

Fabrizio Nencioni
Angela Fiume in Nencioni
Nadia Nencioni
Caterina Nencioni
Dario Capolicchio

e 48 persone rimasero ferite, oltre alla perdita e al danneggiamento di numerose opere d’arte. Un oltraggio commesso nei confronti del patrimonio artistico italiano che subì danni ingentissimi per causare una ferita profonda allo Stato e alla sua cultura. In attesa che la giustizia faccia il suo corso e che venga fatta piena luce sulle stragi del 1993, non possiamo non commemorare una delle stagioni più brutte e orrende della storia italiana, costata la vita a tante persone innocenti e la perdita di grandi capolavori.

Era il 27 maggio 1993, continuava il periodo stragista, partito nel 1992, pianificato dalla mafia in risposta al 41 bis che prevedeva il carcere duro e l’isolamento per i mafiosi.

Sono passati 24 anni da quel giorno. Ventiquattro anni di battaglie fatte dall’Associazione dei familiari delle vittime della Strage di via dei Georgofili, costituitasi per ottenere la verità. La Presidente, Giovanna Maggiani Chelli che in quella notte vide sua figlia Francesca ferita, Francesca che a sua volta in quell’esplosione perse il suo fidanzato Dario, si è sempre battuta per la verità fino in fondo.

Giovanna con grande coraggio guida l’Associazione, perché come madre può comprendere il dolore per la morte di un figlio, consapevole che da mamma si “muore” nell’anima, la morte peggiore.

Perché quell’ora e perché quel luogo, tenendo conto che nelle logiche mafiose nulla è mai a caso? Ci ha risposto: “Tante volte mi sono chiesta perché sotto l’Accademia e perché non sotto la galleria degli Uffizi come voleva la mafia. Quanto alla morte dentro ti accompagna sempre ma sopravvivi per la rabbia”.

Il processo per la strage di via dei Georgofili inizia il 12 novembre 1996. Nel 1998 arriva la sentenza di primo grado che vede boss mafiosi di spicco condannati all’ergastolo. Poi con la collaborazione dal 2008 del boss Gaspare Spatuzza ci furono altri arresti. Lei stessa, nel 2013, come Presidente dell’Associazione familiari delle vittime della Strage di via dei Georgofili, è stata ammessa come parte civile al processo sulla trattativa Stato-mafia. Si arriva ad oggi in cui si evince, dopo anni, che lo Stato avviò una trattativa con Cosa nostra, che indubbiamente ci fu e venne quantomeno inizialmente impostata sul dare e avere per interrompere il piano stragista di Cosa nostra. L’amaro che si ha in bocca è sapere che l’iniziativa fu assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia. Il rischio è che ci venga fornita non una verità assoluta, ma una verità edulcorata. A questo ragionamento Giovanna, che in questi lunghi anni di battaglie ne ha fatte, risponde: “Non sapremo la verità, fintanto che esisterà politicamente parlando l’esigenza che le stragi in Italia stanno solo a destra. E’ qui il ricatto e non se ne esce”.

Durante il processo fu letta in aula dall’avvocato Danilo Ammannato, legale dell’Associazione, la poesia “Sia detto”, scritta dal poeta fiorentino e senatore a vita Mario Luzi.

SIA DETTO
« Sia detta per te, Firenze,
questa nuda implorazione.
Si levi sui tuoi morti,
sulle tue molte macerie,
sui tuoi molti
visibili e invisibili tesori
lesi nella materia,
offesi nell’essenza,
sulle tue umili miserie
ferma, questa preghiera.
I santi della tua storia
e gli altri, tutti,
della innumerabile corona
la portino in alto,
le soffino spirito e potenza,
ne cingano d’assedio
le stelle, i cieli,
le superne stanze:
«giustizia non ti negare
al desiderio degli uomini,
scendi in campo, abbi la tua vittoria!»
Sia detta a te, Firenze,
questa amara devozione:
città colpita al cuore,
straziata, non uccisa;
unanime nell’ira,
siilo nella preghiera.
Vollero accecarti, essi,
della luce che promani,
illumina tu, allora,
col fulgore della collera
e col fuoco della pena
loro, i tuoi bui carnefici,
perforali nella tenebra
della loro intelligenza, scavali
nel macigno del loro nero cuore.
Sii, tra grazia e sofferenza,
grande ancora una volta,
sii splendida, dura
eppure sacrificale.
Ti soccorra la tua pietà antica,
ti sorregga una fierezza nuova.
Sii prudente, sii audace.
Pace, pace, pace. »

Una poesia i cui versi sono come dardi scoccati puntuali a colpire le coscienze. Spicca un verso su tutti: “giustizia non ti negare al desiderio degli uomini, scendi in campo, abbi la tua vittoria!”.

Delle stragi che hanno macchiato la storia del nostro Paese, non se ne è mai giunti a verità piena. In molti sperano che nel nostro Paese la giustizia, quella con la “G” maiuscola, possa scendere davvero in campo e riguardo a questo Giovanna Maggiani Chelli afferma: “Si, quando non ci sarà più bisogno di accordi elettorali con gli stragisti del 1993”.

Il 27 maggio scorso ricorreva il 24° anniversario della strage di via dei Georgofili, un triste giorno che ha scritto una pagina buia di storia italiana, ma che manifestazioni e iniziative a ricordo delle innocenti vittime anno dopo anno cercano di illuminare, affinché si legga la verità vera. Quali pensieri più profondi il 27 maggio di 24 anni dopo, alla luce di decenni di processi e battaglie fatte, si sono accavallati nella sua testa? Ci dice lei: “Abbiamo ancora una volta fatto arrabbiare la Magistratura la quale non scevra dal potere politico, continua a cercare quelle prove che ad Agosto 1998 consentivano già a Gabriele Chelazzi di andare a rinvio a giudizio, dall’alto non ci fu l’input ad agire e ancora oggi la verità sulle stragi del 1993 è monca”.

Riflessioni, semplici riflessioni fatte su un periodo di storia il cui capitolo finale ancora deve essere scritto. Il rischio che si corre è quello di dimenticare. Stiamo parlando di fatti accaduti nel 1993, ventiquattro anni fa. Nel frattempo Cosa nostra dalla lupara, dal tritolo è passata ai colletti bianchi, alla mafia 2.0, mischiandosi nelle istituzioni e nei consigli di amministrazione di quotate società. La forza di Giovanna Maggiani Chelli è data dalla rabbia, una rabbia che non si placherà fintanto che non uscirà fuori la verità vera. La verità è Giustizia, è Democrazia.

Vittime della Strage di via dei Georgofili: per non dimenticare

di Maria De Laurentiis

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