Gaetano Guarino: sindaco per il popolo

Favara (Agrigento), 1946: a soli 65 giorni dalla sua elezione a sindaco Gaetano Guarino, classe 1902, viene assassinato con un colpo di lupara alla nuca. Nato nella stessa città che vedrà la sua morte, pur proveniente da una famiglia povera (madre casalinga e padre ebanista) Gaetano riesce a farsi strada nella vita: ottenuta la maturità classica a Palermo, nel 1928 si laurea in farmacia. Impegnato politicamente sin da giovanissimo, durante il periodo universitario scrive per L’Avanti, quotidiano socialista allora clandestino, dove ama firmarsi come Gaetano Guarino Dulcetta, riprendendo il cognome del nonno materno dopo che questi riconobbe ufficialmente la figlia illegittima, Lucia Magro, madre appunto di Gaetano, come a voler porre l’accento sulla sua discendenza da una famiglia prestigiosa. Dopo due anni di tirocinio a Burgio (dove conobbe la sua futura moglie) torna definitivamente a Favara, dove acquista una farmacia per esercitare la sua professione di farmacista. Una quindicina di anni dopo, nel 1943, Gaetano si iscrisse al Partito Socialista Italiano, di cui divenne segretario comunale; il 2 ottobre 1944 il debutto a primo cittadino: su proposta del prefetto di Agrigento fu nominato sindaco, ma si dimise neanche un anno dopo, nel settembre del 1945. Difficile la realtà di Favara, piccolo comune in cui la mafia, già in quegli anni, era un fenomeno antico. Le cronache del periodo postunitario ci raccontano del bandito Sajeva, la cui occupazione principale sembra fosse “fare le vendette” per l’una o l’altra fazione del paese, funzione tipicamente mafiosa. Lo stesso Pirandello ambientò nelle zone agrigentine una novella in cui una lega contadina iniziava col promuovere una lotta popolare a favore di una più equa ripartizione dei prodotti agricoli, ma finiva con il trasformarsi in un’organizzazione criminale dedita al taglieggiamento dei proprietari terrieri legato al meccanismo della protezione – estorsione. E’ nell’evoluzione di un simile contesto che prendono vita le battaglie di Gaetano Guarino: egli lottò, infatti, contro i grandi proprietari terrieri che sfruttavano la manodopera locale, e divenne la voce della povera gente che chiedeva l’attuazione delle leggi che prevedevano la distribuzione dei terreni incolti appartenenti ai latifondi alle cooperative. Fondò egli stesso una cooperativa, mettendosi di traverso ai tanti “baroni” dei latifondi. La sua seconda elezione a sindaco lo vide vincitore con il 59% dei voti, ma le sue battaglie avevano già lasciato il segno: “la mafia della terra” non gli perdonò le sue scelte popolari. Nonostante questa sia l’ipotesi ufficiale, da sempre a Favara circola una seconda ipotesi secondo cui i mandanti sarebbero da ricercare all’interno dell’allora Partito Comunista Italiano, in quanto gli stessi comunisti avrebbero istituito un vero e proprio mercato nero degli aiuti americani nel dopoguerra, e Gaetano Guarino sarebbe stato sul punto di denunciare pubblicamente l’accaduto. Sebbene questa sia un’ipotesi poco credibile (in quanto il Partito Comunista fu tra i primi sostenitori di Gaetano alle elezioni) qualche dubbio rimane; quello che è certo è che gli assassini di Gaetano Guarino, sia materiali che i mandanti, non furono mai presi, e alla famiglia non restò che andarsene da Favara in segno di protesta, e non rimettervi mai più piede.

di Leandra Gallinella

Print Friendly, PDF & Email