L’opinione libera e indipendente è una minaccia

Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti (Uae), Egitto, Bahrein, Libia e altri stati orbitanti nella stessa area d’influenza hanno deciso di rompere i rapporti diplomatici con il Qatar, membro del consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc), e isolare il Paese interrompendo le linee aeree, marittime e terrestri.

La motivazione ufficiale, quella più rilanciata dai media internazionali, è che il piccolo Emirato sostiene attivamente il terrorismo. Secondo l’agenzia saudita Spa, infatti, obiettivo dell’iniziativa è “proteggere la sicurezza nazionale dai pericoli del terrorismo e dell’estremismo” mentre l’agenzia bahreinita Bna afferma che il Qatar “finanzia gruppi vincolati all’Iran”. Per l’Egitto è il sostegno di Doha a “organizzazioni terroristiche, tra cui i Fratelli Musulmani”, la causa della rottura dei rapporti.

Accuse gravi che, però, diventano surreali leggendo la lista dei paesi che le lanciano. Non si può certo dimenticare che è proprio la monarchia saudita a esportare, da decenni, una visione molto radicale dell’Islam o che Osama Bin Laden era saudita, come sauditi erano quindici dei diciannove terroristi dell’11 settembre 2001, o che, sempre saudita, è il gruppo più numeroso di stranieri che combattono per lo Stato islamico e, ancora, l’alleanza tacita stretta tra Arabia Saudita e Al Qaeda nella Repubblica Unita dello Yemen.

Oltre alla causa ufficiale, soprattutto considerando che le decisioni di quei governi non devono rispondere ad alcun criterio di trasparenza, conviene individuare anche altre motivazioni che giustifichino un atto tanto gravido di conseguenze. Anche considerando che l’emirato ospita la più grande base militare Usa nel Medio Oriente.

Certamente non va sottovalutato l’aspetto economico, e politico, che riguarda l’esistenza di un progetto d’intesa tra Qatar e Iran per lo sfruttamento di un enorme giacimento di gas che i due paesi condividono sotto il Golfo Persico. C’è poi da considerare l’aspetto più propriamente geo-politico. Lo storico accordo sul nucleare iraniano, oggi criticato dal presidente Trump, e la stabilizzazione del conflitto siriano, a vantaggio del regime di Hassad, sostenuto da Iran, Russia e Hezbollah libanesi, rappresentano un’evidente sconfitta per le monarchie del Golfo. Questo mentre nella Repubblica Unita nello Yemen continua la guerra per procura tra i ribelli, simpatizzanti dell’Iran, e la coalizione araba guidata dall’Arabia Saudita.

Nell’area è sicuramente in atto il tentativo di bloccare l’influenza crescente della Repubblica islamica ma, nella crescita di questa influenza, il ruolo del Qatar, anche scontando i suoi rapporti ufficiali con l’Iran, non sembra fondamentale.

Probabilmente la causa più rilevante nell’esplosione della crisi è sotto gli occhi di tutti: il sostegno di Doha ad alcuni organi d’informazione, come la rete satellitare Al Jazeera, relativamente liberi, che trasmettono in tutto il mondo arabo.

Un ristretto gruppo di autocrati agisce, e reagisce, con l’unico scopo di conservare il potere nella regione. Fondamentale, perché nulla cambi, è cancellare finanche il ricordo delle rivoluzioni del 2011, quando centinaia di migliaia di persone hanno lottato per ottenere maggiore libertà, giustizia e dignità – concetti invisi a Sauditi e alleati – e completare il processo controrivoluzionario.

Allora, la vera colpa del Qatar pare essere quella di portare avanti una politica parzialmente indipendente ma, soprattutto, il rifiuto a silenziare qualsiasi voce critica o dissonante con quegli stessi mezzi così abbondantemente utilizzati per mettere a tacere l’informazione libera in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto.

Per i governi autocratici un’opinione libera e indipendente rappresenta la più seria minaccia al mantenimento dello status quo.

di Enrico Ceci

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