Ana Brnaric: una lezione di civiltà

Un curriculum di tutto rispetto: quarantadue anni, un master in marketing e management presso la Hull University britannica, una solida formazione economica di stampo europeista e un’esperienza di oltre dieci anni in attività con organizzazioni internazionali, operando sia nel settore pubblico sia in quello privato; tutte le carte in regola, quindi, per la sua elezione a primo ministro. Nulla che giustifichi il tanto clamore suscitato dalla sua nomina, se non fosse per alcuni piccoli particolari: Ana Brnaric è donna, è dichiaratamente omosessuale, ed è il nuovo premier serbo. Paese, la Serbia, in cui le tendenze omofobiche sono storicamente radicate (basti pensare a quanto accaduto nel 2010, quando un violento attacco da parte di gruppi estremisti ai partecipanti alla parata del gay pride, conclusosi con un bilancio di 150 feriti tra manifestanti e forze dell’ordine, costrinse alla sospensione della manifestazione per ben tre anni).

Ana non è nuova a questi primati: eletta “Business Lady of the Year” nel 2013, già ministro della pubblica amministrazione, rappresenta la prima donna omosessuale dichiarata in assoluto ad assumere la guida di un governo. “Non è stata una decisione facile” ha commentato il capo dello Stato che l’ha voluta al suo fianco; ”ma le sue scelte personali non mi interessano, quello che conta sono i risultati”. Per quanto questo postulato possa sembrare evidente, le reazioni non sono state tutte positive: tra opposizioni ultranazionaliste e una Chiesa Ortodossa che considera l’omosessualità quasi una “pestilenza”, Ana avrà il difficile compito di dimostrare che le scelte personali nulla hanno a che vedere con le competenze e le capacità professionali. Provocazione, quindi, o lezione di civiltà? “Personalmente non mi piace che l’orientamento sessuale sia utilizzato per descrivere la mia personalità” ha spesso dichiarato; ed è tutto qui il nocciolo della questione. In che misura scelte riguardanti unicamente la sfera privata possono incidere sulla dimensione professionale o pubblica di una persona? I gusti sessuali di un individuo, che dovrebbero restare strettamente confinati nell’ambito della propria intimità, possono fungere da discriminante in ambito professionale? E’ giusto nella valutazione dei requisiti, oltre che del percorso di studi, delle esperienze professionali, delle attitudini più o meno orientate alla mansione, tenere conto delle abitudini e dei gusti sessuali di un potenziale candidato? E, soprattutto, in che misura si tiene conto di questo aspetto?….Perché se sei uomo, e le tue abitudini sessuali quantomeno “discutibili” sono orientate verso l’altro sesso, non hai alcuna difficoltà a ricoprire ruoli governativi di grande rilievo; ma se sei donna, e sei omosessuale, la tua elezione stupisce l’Europa. Spetterà ad Ana dimostrare quanto il valore, le capacità e la preparazione di un individuo prescindano dai suoi gusti o dal suo orientamento sessuale; intanto non possiamo non fare un plauso alla Serbia e al suo presidente che, in beffa alle tendenze estremiste e omofobiche del suo paese, ha scelto di favorire competenze e capacità in una grande lezione di civiltà.
Di Leandra Gallinella

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