Bar Hobbit: il bar dei migranti

A Ventimiglia, a pochi passi dalla stazione c’è il Bar Hobbit, l’unico bar della città ad accettare ancora migranti. Da quasi due anni Delia Buonomo offre un rifugio dove passare parte della giornata a donne e uomini, ragazzi e ragazze che a Ventimiglia fanno (o almeno cercano di fare) tappa verso il loro futuro migliore, quello al di là del confine con la Francia.

Dal quel pomeriggio in cui per la prima volta Delia ha fatto entrare nel suo bar delle mamme che sostavano abbandonate sul marciapiede con dei bambini che piangevano per la fame sono passati due anni. Nei giorni seguenti il passaparola ha fatto il suo lavoro e Delia ha cominciato a far entrare i migranti senza obbligo di consumazione e a dar da mangiare ai bimbi affamati e alle donne incinta, ma spesso anche a uomini. Il risultato è che il bar Hobbit oggi è molto diverso da quello di due anni fa.

 Nel locale ci sono unicamente migranti, per lo più africani, per i quali il bar è diventato un luogo di ritrovo, esattamente come lo sono tantissimi bar per gli italiani. Delia a chi ha davvero fame offre un piatto caldo, per il resto ha dovuto cambiare tipologia di vendita. Ormai le consumazioni che vanno per la maggiore sono latte, biscotti e qualche panino, l’economicamente abbordabile per delle persone in viaggio da anni.

Dietro il bancone c’è una ciabatta con una sfilza di caricabatterie numerati attaccati. Trovare un luogo dove ricaricare il cellulare è difficile, per questo Delia offre anche questo: d’altronde il telefonino è l’unico modo per poter comunicare con famiglie lontane, volti cari di coniugi, genitori, figli, che la maggior parte dei migranti non rivedrà mai più.

Sul retro del bar c’è il bagno. Un cartello in più lingue, di come ce ne sono anche vicino al bancone, invita a lasciare pulito, così che chi verrà dopo possa usufruire anche lei o lui di questo servizio. Dietro la porta non solo i sanitari, inaccessibili negli altri bar così come anche alla stazione (lì infatti usare il bagno costa un euro), ma anche un fasciatoio per i bambini e vari saponi e creme, per permettere quel minimo di igiene personale che il viaggio e il dormire per strada negano.

Emarginata dai concittadini, che non condividono la sua scelta e non frequentano più il bar, Delia ha subìto pesanti ripercussioni economiche, oltre che sociali, con alcol e aperitivi che senza i clienti italiani non si vendono più. A portare solidarietà, e qualche entrata, sono gli attivisti che passano per Ventimiglia. Infatti il bar Hobbit è diventato un punto di riferimento per le associazioni solidali, di Ventimiglia e non solo, con attivisti delle migrazioni provenienti da tutte le parti d’Italia ed anche d’Europa che si fermano a consumare all’Hobbit.

di Giulia Montefiore

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