Valdir Peres e il mestiere del portiere

Se nasci calciatore in Brasile il ruolo più difficile che tu possa sceglierti è senza dubbio quello del portiere. Costretto a difendere, invece di creare. Costretto a giocare con le mani, invece che accarezzare il pallone con i piedi. Limitato dall’area di rigore, chiuso, invece di correre libero per il campo.
Lo sapeva bene Moacir Barbosa, portiere del Maracanazo, quanto fosse difficile indossare la maglia della nazionale brasiliana e giocare tra i pali. Lo sapeva benissimo anche Valdir Peres, portiere del Brasile nel mondiale del 1982, scomparso il 23 luglio scorso per un arresto cardiaco.
Della sua carriera non rimane niente, non un ricordo delle parate, dei rigori salvati, delle smanacciate in angolo. Non rimane niente o quasi. Perché Valdir Peres, per molti, è il portiere della “tragedia del Sarrià”, lo stadio di Barcellona dove il Brasile di Zico, Socrates e Falcao si arrese all’Italia di Bearzot.
Era una delle nazionali verdeoro più forti di sempre. Sarebbe bastato un pareggio contro gli azzurri per accedere al turno successivo. Ma è un Brasile spavaldo, che sa di essere bello e fortissimo. Non vuole accontentarsi di giocare per il pari, vuole vincere, vuole dominare. Si riversa in attacco ma alla prima occasione viene punito da Paolo Rossi. Sotto di un gol i brasiliani si riscattano subito, segna Socrates e poi di nuovo Rossi, segna Falcao e poi ancora Rossi.
L’attaccante italiano è una furia. È l’incubo di Valdir Peres che non riesce in alcun modo a fermarlo. La partita finisce 3-2, il Brasile viene eliminato.
La colpa è solo di una persona. Del portiere. Incapace, inadatto, non all’altezza di una nazionale di fenomeni. Valdir Peres viene espulso dalla seleçao, non sarà più convocato e qualcosa si incrinerà anche nel rapporto con il San Paolo, la squadra di cui difese i pali per oltre dieci anni e di cui, tuttora, è uno dei calciatori più presenti.
Non resta nulla dei campionati brasiliani vinti, dei rigori parati, dei gol salvati. Del portiere resta solo la faccia impaurita al momento del tiro, la rassegnazione nel raccogliere il pallone in fondo al sacco. “Rossi è uno dei miei incubi peggiori – raccontava – ma rimango convinto che se rigiocassimo quella partita, la Seleçao vincerebbe dieci volte su dieci”.

di Lamberto Rinaldi

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