La cacciata dall’euro paradiso promesso

Un film particolarmente interessante, se non addirittura sconvolgente, scelto e presentato dai selezionatori del Salina Doc Fest, Arianna Careddu e Antonio Pezzuto, è il docu-fiction “Stanger in Paradise”, dell’olandese Guido Hendrikx. Il film – per la particolare forma della finzione che rende lucidamente drammatici i contenuti della parte reale – è stato presentato e acclamato in tutto il mondo in diversi festival. In Italia è stato premiato al Biograph Film Festival di Bologna, ma importante e meritoria è stata la scelta di riproporlo in un cruciale festival come quello di Salina, al confine geografico e cinematografico della realtà migratoria mediterranea.

Un attore, Valentijn Dhaenens, si presenta a due gruppi di veri migranti e rifugiati, provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, spacciandosi per un addetto ai servizi sociali che li deve accogliere, istruire, intervistare per valutare le loro vicende personali. Ai due gruppi – prima delle riprese – era stato detto che avrebbero partecipato a un colloquio sperimentale. Il primo approccio è rude, quasi brutale. Il finto operatore sociale ha il piglio autorevole di un maestro o di un professore di scuola media. È seduto su una cattedra, con una lavagna alle spalle. I migranti sono davanti a lui, distribuiti in un’aula e seduti dietro banchi di scuola. Egli dà innanzitutto il benvenuto nel Vecchio Continente agli astanti. Già questo è singolare, dato che l’Africa, da cui molti migranti provengono, è il continente terrestre più antico. Poi sbatte in faccia ai migranti i dati del costo quotidiano, mensile e annuo della loro assistenza in Europa. Compie poi ulteriori giri di vite, indicando la minaccia che essi rappresentano per lo stile di vita occidentale e diverse altre ragioni per le quali il loro arrivo è estremamente sgradito agli europei.

Al secondo gruppo dischiude una prospettiva completamente diversa. L’attore gira la lavagna mostrando un’Europa disegnata a tratti grossolani, con l’intelaiatura a gabbia di tutte le frontiere dei suoi numerosi Stati. Poi, con un gesto plateale, prende un cancellino e fa il vuoto sulla lavagna di quelle linee. Le cancella tutte, insieme alle croci di morti annegati, tracciate con il gessetto sullo spazio sottostante che rappresenta il Mar Mediterraneo. Secondo stime di diversi organismi e Università internazionali, tra cui quella prestigiosa di Harvard, se l’Europa abolisse i suoi numerosi e obsoleti confini interni, l’economia mondiale avrebbe un incremento del 70%, con la creazione di una massa monetaria di 35 trilioni di dollari nel giro di pochi. Non avverrebbero più ecatombi di morti annegati nel Mediterraneo e, anzi, ci sarebbero posti e possibilità di integrazione per tutti nel Vecchio Continente. Il finto operatore invita addirittura i suoi interlocutori a chiudere gli occhi e a immaginarla, sognarla un’Europa così, stimolandoli poi a esprimere il lavoro che desidererebbero fare una volta giunti nei paesi nord europei. Uno di essi azzarda anche il desiderio di realizzare il suo sogno di artista.

Il terzo incontro è con entrambi i gruppi. L’attore intervista uno a uno i migranti, facendosi raccontare le loro vicende personali e le ragioni per cui chiedono un visto proprio in quei paesi – come l’Olanda – che respingono più implacabilmente le loro richieste. Poi li riunisce di nuovo ed elenca le rigide regole attualmente in vigore di accettazione e respingimento delle domande. Li chiama per nome uno alla volta e comunica loro l’ammissione o l’espulsione. Dei 24 che sono solo tre o quattro superano il severo, anzi, proibitivo esame d’ingresso nel paradiso promesso del Nord Europa.

Tutto il film ha un tono e un andamento altamente realistico e drammatico, soprattutto per la ripresa in primo piano dei volti dei migranti in preda a un’emozione a stento trattenuta per i ruvidi discorsi che il finto operatore sociale rivolge loro. Il quadro che ne emerge è proprio l’inadeguatezza, le contraddizioni del Vecchio Continente nell’affrontare che l’era del Nuovo Mondo, scaturito dal processo di globalizzazione che proprio l’Occidente ha vorticosamente impresso a tutto il pianeta. I diversi, contrastanti atteggiamenti espressi dall’attore, sono esattamente quelli su cui oscilla l’Europa, incapace di impostare un disegno strategico di grande respiro per delineare una nuova prospettiva di civiltà planetaria.

di Riccardo Tavani

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