Metro Manila

Tratto da un fatto di vera cronaca nera, il film è il racconto di una migrazione. Di una migrazione interna. Dalle risaie del Banaue, nel nord agricolo delle Filippine, a Manila, la capitale. Le ragioni della migrazione sono però sempre le stesse: miseria, sfruttamento, spoliazione delle poche risorse di sopravvivenza della massa contadina. Una famiglia, marito, moglie e piccola figlia, rappresentano il nucleo di questa condizione di migrazione forzata verso la metropoli, alla disperata ricerca di sostentamento. Una condizione esistenziale così spoglia e indifesa che si espone a ogni altra possibilità di soprusi ancora più spietati.

È quello che capita a Oscar e a sua moglie Mai. Dietro lo sfolgorare delle luci, delle vetrine, dei grandi edifici avveniristici, Manila dà subito loro il benvenuto, depredandoli dei pochi soldi che si sono portati dietro, gettandoli a dormire per strada, pagando con un misero panino e una bibita il duro lavoro di un’intera giornata, dalle ultime alle prime stelle nel cielo metropolitano. Il film, però, compie la sua vera svolta narrativa – distanziandosi anche da altri racconti di questo genere – quando Oscar viene assunto in una compagnia di trasporto denaro, armato fino ai denti, a bordo di un mezzo super blindato e con rigide procedure operative e regole d’ingaggio. Quello della Metro-Guardia è uno dei lavori più pericolosi che si possa scegliere, dato che a Manila le rapine e gli assalti ai furgoni porta-valori sono all’ordine del giorno, da parte di una malavita che agisce e ammazza nella maniera più efferata.

Il film vira così da social ad action movie, guadagnandone in tensione da suspense narrativa ma anche in chiarezza tematica. La massa di ricchezza legale, illegale, spudorata che si accumula e si sposta nelle grandi metropoli, nel cuore turbo-finanziario del pianeta, è la vera ragione del feroce schiacciamento esistenziale nelle sue periferie sociali ed economiche. Basterebbe un solo granello di quella polvere di ricchezza stellare a salvare la vita di molte famiglie espropriate e diseredate. Ma a guardia e trasporto dell’accecante tesoro i suoi detentori pongono proprio coloro dai quali viene estratto, come sangue dalle loro vene. Dalle vene e dalla pelle con la costrizione alla prostituzione – anche minorile.

Per Omar e Mai il problema della sopravvivenza si ripropone a un livello ancora più acuto. Non è più solo la fame, ma in gioco ora è l’annichilimento non solo fisico ma di sé come esseri, come persone. È qui che necessità, sacrificio e intelligenza si fondono in un unico lampo di lucidità disperata il cui scintillio supera quello dell’abbagliante ricchezza protetta e contesa a colpi di mitra e di ferocia in ogni Manila del mondo.

di Riccardo Tavani

 

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