Terremoto ad Ischia: la storia dei tre fratellini salvati dalle macerie

La sera dello scorso 21 Agosto, un Lunedì come tanti, la terra Italiana è tornata a tremare.
A quasi un anno dal tragico terremoto di Amatrice, è la volta dell’isola di Ischia. Un terremoto di magnitudo 4.0 che ha causato il crollo di diversi edifici e la morte di due donne sotto le macerie.
Quarantadue i feriti, tra cui i tre fratellini Pasquale, sette mesi, Mattias e Ciro, rispettivamente di otto e undici anni. Il più piccolo è stato messo in salvo dai soccorritori la notte stessa, mentre gli altri due hanno dovuto aspettare oltre 10 ore.
La loro storia è rimasta e rimarrà nel cuore degli italiani, perché Ciro, il più grande, ha salvato Mattias spingendolo con lui sotto il letto ed, inoltre, ha contribuito al suo ritrovamento da parte dei soccorritori picchiettando con un bastone sulle macerie.
Tanta la paura, tanti gli sfollati ed i soliti, innumerevoli, “perché”.
Perché una scossa di magnitudo 4.0 ha provocato così tanti danni? Perché solo in Italia delle scosse di tale intensità provocano morti, feriti ed effetti disastrosi per il territorio, mentre nel resto del mondo non è mai così?
Il capo della Protezione Civile risponde, in parte, a questi quesiti. Sicuramente l’isola si trova su un’area vulcanica e risulta, quindi, più predisposta a subire danni derivanti da scosse di terremoto. L’uomo, però, sostiene anche che, da quello che hanno visto i suoi occhi, molte delle costruzioni crollate erano costruite con materiali scadenti: ci risiamo.
In Italia risparmiamo sui costi di costruzione per poi piangere i morti sotto le macerie.
Sarà forse il caso di fare dei controlli più approfonditi e mirati nei cantieri edili? Possibile che i costruttori possano decidere sulla vita delle persone, senza che questi possano in alcun modo provare se effettivamente la propria abitazione sia stata o meno costruita come si deve?
Non possiamo morire per una scossa di magnitudo 4.0.
Non possiamo morire perché qualcuno non fa bene il suo lavoro.
Non possiamo morire perché c’è chi specula sulle nostre abitazioni.

di Ludovica Morico

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