Wayne Lotter: morto per difendere gli elefanti

Un fenomeno di dimensioni inimmaginabili, una mattanza dai numeri inaccettabili: è la corsa all’oro, quello bianco, quello africano: è la corsa all’avorio. A farne le spese lui, vittima maestosa e inconsapevole, il gigante buono: l’elefante. Agli inizi del XIX secolo si stima che in Africa vivessero circa venticinque milioni di elefanti; a un secolo di distanza la cifra era drammaticamente precipitata a cinque milioni, per toccare quota di appena 600.000 unità circa negli anni ottanta, record negativo che rese necessarie misure straordinarie: nel 1989 fu emanato un divieto internazionale di commercio dell’avorio, che rimase in vigore per otto anni. Anni in cui la popolazione degli elefanti è gradualmente andata ricreandosi, fino al 1997, anno in cui il decreto è stato parzialmente abolito, e il fenomeno del bracconaggio, sterminio illegale di specie protette, è ripreso più attivo che mai. Attualmente si stima vengano uccisi illegalmente ogni anno tra i trentacinquemila e i cinquantamila esemplari su una popolazione residua che sfiora a fatica i cinquecentomila, non risparmiando neanche gli esemplari più giovani (sono state sequestrate zanne che raggiungevano a malapena il chilogrammo di peso, di dimensioni talmente piccole da rendere inutile l’uccisione dell’animale, in quanto quasi impossibile ricavarne dell’avorio), e ciò che sorprende è che circa l’ottantacinque per cento delle zanne degli elefanti della foresta sequestrate tra il 2006 e il 2014 provenivano da una zona protetta che si estende nel territorio del Camerun, del Congo e del Gabon, mentre la stessa percentuale di avorio di elefanti della savana proveniva dalla Tanzania. Traffico illegale gestito, quindi, da un numero di persone relativamente ristretto, e che prosegue silente nonostante le dure posizioni assunte da molti paesi che, per scongiurare un’estinzione che sembra essere oramai annunciata, ne hanno vietato persino il commercio legale; emblematica la decisione della Cina, da sempre principale importatore d’avorio, che ne chiuderà definitivamente il commercio nazionale entro la fine del 2017. Un giro d’affari, quello del mercato nero dell’avorio, che si stima produca circa 19 miliardi di dollari di profitti ogni anno, numeri da capogiro cha vanno ulteriormente ad alimentare i fondi delle organizzazioni terroristiche autoctone che, di fatto, ne hanno il totale controllo. Il fenomeno del bracconaggio da sempre lascia dietro di se una lunga scia di sangue, dei poveri animali decimati, di centinaia di persone che ogni anno rimangono uccise o gravemente ferite nell’intento di ammazzare o difendere un elefante, tra le vittime delle organizzazioni criminali. E mentre negli anni i vari paesi “civilizzati” e le associazioni animaliste hanno combattuto il fenomeno a suon di “Ivory Crush” (manifestazioni in cui sono state distrutte pubblicamente a scopo dimostrativo tonnellate di avorio sequestrate dal commercio illegale), c’è chi la propria battaglia l’ha combattuta sul campo, a rischio della propria vita. Wayne Lotter, classe 1965, sudafricano, da sempre ha prestato la sua opera a difesa e tutela della fauna africana, dapprima come ranger, poi, dal 2009, come presidente e co-fondatore della Fondazione Pams, organizzazione nata con lo scopo di fornire sostegno alle comunità locali per contrastare il bracconaggio. Sostegno che si è rivelato decisivo: grazie al lavoro della fondazione, infatti, come da lui stesso recentemente dichiarato, si è arrivati a ridurre del 50% il fenomeno in quella stessa Tanzania cuore del massacro degli elefanti della savana, portando all’arresto di numerosi bracconieri e di un importante trafficante cinese. Risultati che lo hanno elevato a personaggio di spicco all’interno dell’intera comunità internazionale della conservazione; Azzedine Downers, presidente dell’Ifaw – International Fund Animal Welfare – ha dichiarato che “grazie alla sua esperienza ventennale Lotter può essere considerato la forza trainante per la fine del massacro degli elefanti in Tanzania”. Un tale impegno non poteva di certo passare inosservato agli occhi di chi si è arricchito sulla pelle di creature innocenti: lo scorso 16 agosto le numerose minacce ricevute nel corso degli anni di attività si sono tramutate in drammatica realtà: mentre rientrava in albergo dall’aeroporto di Dar es Salaam il suo taxi è stato bloccato da un veicolo, e i due uomini che vi erano a bordo hanno aperto la portiera sparando colpi d’arma da fuoco e uccidendolo all’istante. Anche il Wwf ha voluto esprimere il proprio cordoglio per l’uomo che ha immolato la propria vita a difesa dei diritti degli animali contro ogni forma di criminalità; altro sangue è stato versato, ma l’esempio di Wayne Lotter resta d’ispirazione per tutti coloro i quali ogni giorno combattono per la difesa del pianeta, e ci ricorda quanto grave possa essere l’opera umana quando è disposta a sacrificare ogni cosa in nome del profitto.

di Leandra Gallinella

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