Adolescenza e suicidio.

Perché tanti giovanissimi si tolgono la vita?

Uno studente di sedici anni rientra in casa dopo alcune ore passate con gli amici. Senza dire nulla, senza far parola con nessuno dei familiari sale nella sua stanza, dopo aver caricato il fucile da caccia del padre, si spara. Muore prima di arrivare all’ospedale.

“Ho fatto molte stupidaggini, sono stufo della vita” scrive ai genitori un quattordicenne prima di impiccarsi nella cantina della propria abitazione.

Tragedie queste che riflettono un fenomeno allarmante. Il suicidio, un tempo ritenuto cosa da adulti, miete oggi sempre più vittime fra giovani e giovanissimi. Sono in aumento gli adolescenti che si danno la morte.

Che cosa c’è dietro a questi fatti drammatici? Difficile dare risposte precise, ma psicologi, psichiatri e assistenti sociali riferiscono che la maggior parte degli adolescenti dopo un tentato suicidio ha motivato il gesto con le seguenti ragioni: contrasti con i genitori, scarse comunicazioni con i genitori, punizioni ritenute troppo severe, problemi scolastici, gelosie nei confronti dei fratelli, frustrazioni amorose (soprattutto fra le ragazze) e carenze affettive in genere. Molti hanno rivelato stati di depressione o ansia per l’incapacità di soddisfare aspettative, proprie o altrui e hanno mostrato di soffrire per mancanza di sicurezza e di gratificazioni. Ne risulta che il comportamento suicidario potrebbe essere strettamente correlato ad una incapacità di generare soluzioni alternative alle proprie problematiche in grado di fronteggiare gli eventi stressanti della propria vita. Ne consegue che gli adolescenti con tentativi di suicidio hanno la sensazione di avere problemi irrisolvibili, che li porta ad interpretare il suicidio come l’unica soluzione possibile.

La molla più frequente che spinge il giovane a togliersi la vita è la frustrazione per l’assenza di successo che con tanta facilità e in breve tempo colgono gli idoli della televisione e del cinema con cui è abituato a identificarsi.

A qualsiasi età, comunque, il problema più stressante dei giovani sembra essere la solitudine, intesa come impossibilità o incapacità di intrattenere rapporti significativi.

La famiglia, spesso responsabile di traumi che risalgono alla primissima infanzia, è all’origine di ogni squilibrio. Travolti da crisi coniugali, separazioni, divorzi, ritmi lavorativi, un numero sempre maggiore di genitori trascura i propri figli, e non da loro quel supporto emotivo di cui un bambino ha assolutamente bisogno.

Anche quando la famiglia è unita, i ragazzi adolescenti spesso evitano di confidarsi con i genitori per paura di non essere capiti. Il contrasto generazionale si allarga quando padre e madre, ancorati a schemi di comportamento tradizionali, negano al figlio libertà già godute dai coetanei, reprimendo in tal modo ogni tentativo di autonomia in un’errata, seppur affettuosa, interpretazione del suo bene. Effetti altrettanto dannosi possono ottenere i genitori iperprotettivi che viziano i propri figli eliminando dalla loro vita qualsiasi difficoltà. Quando poi questi ragazzi entrano in ambiti diversi da quello familiare, si scontrano con realtà che papà e mamma non possono più manovrare per loro, e dall’incapacità di affermarsi da soli, nasce la delusione e il senso di fallimento.

Anche quando si innamorano e le relazioni amorose finiscono, si guastano, spesso gli adolescenti vedono naufragare ogni speranza.

Una quindicenne per una delusione amorosa si è tagliata le vene nei bagni della scuola.

Un ventunenne in crisi con la sua ragazza si è ucciso sparandosi in fronte.

Così una diciottenne ha tentato di uccidersi ingerendo pastiglie di sonnifero.

Gli adolescenti spesso si innamorano per compensare le proprie insoddisfazioni.

L’atteggiamento dell’aspirante suicida riflette la triplice visione negativa che egli ha di se stesso, del mondo e del futuro. È quindi caratterizzato dalla profonda disistima di sé, un acuto senso di solitudine, l’incapacità di progettarsi nel futuro a lungo termine. La decisione di morire subentra quando l’individuo si convince di non avere più nulla da perdere su tutti i fronti e la vita gli appare priva di significato.

Una ragazza ventenne ha tentato di togliersi la vita gettandosi dalla finestra. La morte della madre aveva provocato lo sfascio della famiglia e lasciato la figlia senza una guida. Non poteva neanche contare su un lavoro soddisfacente ed era delusa dal legame con il suo ragazzo. Avvertiva una profonda sensazione di vuoto e di minaccia.

La decisione di morire di rado è ascrivibile ad un unico problema. Il suicidio è la risultante di una serie di angosce che conducono i giovani al limite della loro capacità di sopportazione. Quando la sofferenza della depressione diventa intollerabile, essa viene respinta insieme alla vita. Si tratta di un gesto che nasce dalla disperazione personale di chi presuppone che familiari e conoscenti non potranno essergli di aiuto.

La decisione di morire non emerge mai da momenti di vita sereni, ma è sempre legata a dispiaceri, vergogna, umiliazione, paura, terrore, sconfitta e ansia. Sono questi gli elementi che conducono al suicidio come l’unica soluzione per porre fine ad un dolore sentito come insopportabile.

Sono storie dolorosissime. Sono tanti i genitori il cui figlio si è suicidato, ognuno con la sua storia, con i rimorsi. Sono pesi tremendi.

L’adolescenza è a rischio e, appunto perché sono ancora adolescenti che dipendono da altre persone già adulte, per il loro sostentamento, formazione, educazione… ci sono delle responsabilità. Essere genitori è un ruolo di una incalcolabile importanza, è un impegno che richiede tanto amore, di quello vero, quello serio, non quello: “ti accontento con quello che vuoi così poi sei felice”.

di Maria De Laurentiis

 

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