Brics, i mattoni della futura muraglia di seta

Bricks (con il ck) in inglese significa mattoni. “Brics” (con la sola c) è invece un acronimo di carattere geo-economico che sta per Brasile-Russia-India-Cina-Sud Africa. Sigla coniata quindici anni fa come “Bric” da una della più grandi banche d’affari del mondo, l’americana Goldman Sachs. La esse finale fu aggiunta solo nel 2011, con l’ingresso nel gruppo del Sud Africa. Brics è dunque l’insieme dei paesi economicamente più emergenti a livello mondiale che si è riunito in questi giorni a Xiamen, in Cina, per il suo nono vertice. Evento di superficie che si innesta direttamente nei sommovimenti più profondi del sottosuolo geologico e antropologico. Forse per questo i nostri media se ne sono occupati in maniera più che superficiale. Tanto più che l’assonanza con il termine inglese briks è pienamente giustificata dal fatto che proprio questo ultimo summit di Brics ha cercato di delineare la strategia, ossia di gettare le fondamenta su cui verranno murati uno a uno i mattoni di base della futura architettura economica planetaria, in alternativa a quella in crisi del G7 e di tutto l’Occidente capitalistico.

L’area Brics rappresenta oggi il 40% popolazione planetaria, il 30% della sua economia reale e ha segnato negli ultimi anni più del 50% della crescita mondiale, superando persino il complesso dei paesi raggruppati nel G7. Questo pur tra sue diverse arretratezze e criticità ancora lontane dall’essere superate. Il punto da cui partire, però, è proprio quest’ultimo. L’area Brics non va più considerata in sé stessa ma quale punta di lancia in cui la vuole trasformare la Cina nella sua strategica di ridisegnare gli equilibri politici, economici, tecnologici ed energetici del mondo prossimo venturo. Ci riuscirà? Difficile rispondere ora, certo è che ci si sta impegnando più che seriamente. La Cina, infatti, è cresciuta gradatamente nel tempo dentro il gruppo, fino a determinarne oggi il 60% del peso economico. Non solo ma ha adesso costituito con esso – ma soprattutto “dentro di esso” – una “Nuova Banca per lo Sviluppo” con un capitale di base pari 100 MLD $ (una roba come sessantamila miliardi delle vecchie lire). A questo iniziale ammasso il governo di Pechino ha contribuito con 50 MLD $, ossia con la metà, puntando non a uno sviluppo qualsiasi ma a uno di alta qualità tecno-ambientale. Anzi: “uno sviluppo più giusto”, dice letteralmente la Cina. Tale strapotente turbina finanziaria si affianca alla “Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture”, dotata di altri 100 MLD $, ma cui partecipano molti altri Paesi al di fuori dei Brics, tra cui l’Italia con 2,5 MLD $. La Cina vi partecipa con circa il 30% del capitale iniziale ed è lo strumento cardine per realizzare quella “Nuova Via della Seta” che legherà in un’immensa cintura di terra, mare e aria l’intero pianeta, e di cui abbiamo qui già scritto nel N. 19/2015. Non a caso l’acronimo di questa impresa globale è “BRI – Belt and Road Initiative”. Una cintura elettronicamente cablata, virtuale e materiale, di mattoni e di seta: “. Una vera e propria futura muraglia planetaria cinese. Questo nono summit è stato definito anche “Brics Plus”, perché il leader cinese Xi Jinping lo ha voluto intenzionalmente aprire – in qualità di osservatori e possibili nuovi mattoni – a Egitto, Tagikistan, Thailandia e Messico.

È nota la frase con cui Antonio Gramsci definisce la crisi: “Il vecchio mondo muore, quello nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”. Potremmo dire che la Cina abbia ben presente questa definizione. Mentre l’Occidente, infatti, è avvolto dentro quell’interregno e si agita cercando di staccarsi dalla sua fitta ragnatela morbosa, la Cina – non avendone fatto parte – se lo pone già staccato davanti allo sguardo, progettandone un superamento radicale e dalle proporzioni materiali mai viste finora. Tutti gli accordi commerciali, finanziari mondiali attualmente in vigore, da quelli di Bretton Woods del 1944 a oggi, già fortemente in crisi, sono destinati a tramontare definitivamente. È la visione lungimirante di una vera e propria nuova atmosfera terrestre, di un nuovo cielo imperiale umano ruotante attorno alla Cina. Ma nessun nuovo cielo può stabilmente reggersi se non affonda le sue radici – di mattone e seta – nel sottosuolo della civiltà.

di Riccardo Tavani

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