Esiste un paese di profughi nel mondo, il più popoloso di tutti.

L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) fornisce i dati sui profughi del mondo, sono quasi 66 milioni di persone che vivono come richiedenti asilo, sfollati o profughi. Questo significa che se formassero un paese sarebbe il ventunesimo stato più popoloso del mondo, dopo la Thailandia e appena prima del Regno Unito. La differenza con i cittadini di questi stati e che i profughi non hanno diritti politici, non hanno diritti esistenziali e non hanno nessuna rappresentanza nelle istituzioni mondiali, anzi hanno molti respingimenti, molte negazioni e solo il diritto a morire di stenti.
Filippo Grandi, alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati ha detto che la maggior parte di questi esseri umani è in fuga a causa di guerre e carestie. Il mondo è incapace di fare la pace, ci sono vecchi conflitti che non hanno fine e ce ne sono di nuovi ogni giorno. Conflitti che causano nuovi profughi. Le grandi migrazioni, dice Grandi, sono il prodotto delle guerre che non hanno fine. C’è una linea immaginaria che collega gli spostamenti di enormi masse di popolazioni alla guerra globale al terrorismo, portata avanti dall’occidente, legata anche all’accaparramento delle risorse. Una linea che collega l’Afghanistan al Sud Sudan, passando per la Libia e Siria, con diramazioni verso il Corno d’Africa. Il genocidio fratricida in Sud Sudan causato dal feroce desiderio di controllare il petrolio. Solo lo scorso anno, sono fuggite dal Sud Sudan circa 340 mila persone verso l’Uganda.
Lo spostamento di milioni di persone, avviene anche per fame e povertà, che spinge ad attraversare il deserto del Sahara e poi il mar Mediterraneo per cercare una qualsiasi forma di sopravvivenza in Europa, che invece di accogliere erige muri materiali, giuridici e politici. La maggior parte di queste persone non arriva al mare, quelli che ci arrivano affogano, i pochi che sbarcano sono rinchiusi in lager a cielo aperto, chiamati Care. Sia il Sahara che il Mediterraneo sono pericolosi, ma anche l’Europa lo è. Muoiono in tanti, donne e bambini.
Pochi giorni fa, tra le persone soccorse, c’era una giovane nigeriana di 22 anni. Si trovava su un camioncino insieme a cinquanta persone. Erano partiti da Agadez per la Libia, racconta, “siamo rimasti nel deserto per dieci giorni, dopo cinque giorni l’autista ci ha abbandonato. Ci ha lasciato dicendoci che sarebbe tornato a riprenderci, ma non è mai tornato. Quarantaquattro sono morti. In sei, sopravvissuti, abbiamo bevuto la nostra urina per non morire”. Arrivare in Libia è pericoloso, rimanerci lo è ancora di più. Nel paese le violenze contro i migranti sono feroci. L’Oim riferisce che in Libia prospera il mercato degli schiavi. Contro le donne gli stupri sono quotidiani.
Il ventunesimo paese più popoloso del mondo è sottoposto a schiavitù, sevizie e stupro.

di Claudio Caldarelli

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