La storia di Domenico Geraci

Quella che vi racconto è una storia, ma non è una storia come quelle che si raccontano ai bambini. È una storia vera. È una storia di ingiustizia e di abusi di un mondo criminale, un ambiente banale dove la violenza è il prezzo da pagare. Una storia così assurda e così orribilmente già vista. È una storia di mafia che ha lasciato tracce indelebili nella vita politica e sociale italiana.
È la storia di Domenico “Mico” Geraci, un politico italiano assassinato dalla mafia. Aveva 44 anni, fu ucciso a Caccamo con cinque colpi di fucile a pompa calibro 12. Sindacalista della UIL allevatori, sposato con due figli, ex consigliere provinciale del Ppi, (Partito Popolare italiano della provincia di Palermo) era quasi certamente prossimo candidato dell’Ulivo a sindaco.
La sera dell’8 ottobre 1998 erano da poco trascorse le 20.30 quando Domenico Geraci attraversò piazza Zafferana, alla periferia del paese, per rientrare a casa. I killer, su una Fiat Uno, si avvicinarono. Uno di loro scese e fece esplodere in rapida successione i colpi di fucile. Geraci cade una prima volta. Poi si rialza lasciando a terra una pozza di sangue. Crolla dopo pochi metri. Fu ucciso a fucilate davanti casa sua. Richiamato dai colpi di fucile, il figlio del politico si affaccia e vede le fasi terminali dell’agguato. I killer, che erano in quattro, lo hanno atteso sotto casa, trucidandolo davanti al figlio. Aveva diciassette anni, il figlio di Mico, Giuseppe Geraci, e assistette all’omicidio del padre. Pochi mesi prima, a Caccamo, Geraci si era scagliato contro la mafia e contro il nuovo piano regolatore che secondo lui tutelava alcuni interessi non cristallini. Il politico aveva accusato e denunciato i boss di Cosa Nostra per la loro infiltrazione nel territorio di Caccamo. Nel 1993 il consiglio comunale infatti era stato sciolto per infiltrazioni mafiose.
Domenico Geraci, 44 anni, fu ucciso a Caccamo, paese a 50 chilometri da Palermo, con cinque colpi di fucile a pompa calibro 12. Uno dei figli di Geraci, Giuseppe, all’epoca dei fatti diciassettenne, assistette ad alcune fasi dell’omicidio dal balcone di casa e tentò di reagire gettando un vaso per colpire i sicari o la loro auto. È stato lui uno dei primi testimoni ad essere accompagnato in caserma per essere ascoltato dai carabinieri. Oltre al figlio della vittima, gli inquirenti hanno ascoltato un amico di Geraci che si trovava con lui pochi minuti prima del delitto.
Sappiamo proprio tutto dell’omicidio di Domenico Geraci o resta anche questo uno dei tanti misteri di mafia? Il caso del sindacalista ucciso a Caccamo la sera dell’8 ottobre 1998 è un delitto di mafia di cui a distanza di tanti anni ancora non si conoscono gli autori e i mandanti. A distanza di anni ancora si è alla ricerca della verità. Questa vicenda, di cui ha parlato anche il pentito di mafia Nino Giuffrè, resta uno dei casi di omicidi mafiosi irrisolti.
Un altro nome da non dimenticare, un altro delitto avvolto nel mistero, un altro misfatto che ha insanguinato la storia italiana, uno di tanti quelli che confermano l’esistenza di un potere corrotto e ricattatorio, fatto di violenza e perversione. Un’altra vittima di mafia per la cui memoria bisogna rinnovare l’impegno alla lotta contro queste criminalità organizzate.
Che importa se la corruzione, la mafia ammorbano l’esistenza di tanta gente con la complicità di alcuni degli uomini chiamati a combatterla? E perché nessun governo ha mai inserito fra i propri obiettivi primari la lotta alla corruzione? Una verità amara senza sconti per nessuno. Sento che così rischiamo di vedere altre vittime. Vorrei smentirlo, ma temo che non sarà così. Scenari che si sono nel tempo ripetuti fino ai giorni nostri.
Ma la sua voce non è seppellita, la sua voce è sopravvissuta. Il suo sacrificio, come quello di tanti altri, non può rimanere a noi estraneo. Condividiamo la memoria per valorizzare intrecci di vite e storie. Facciamo conoscere le loro storie a chi non li ha potuti incontrare.
di Maria De Laurentiis

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