L’inesorabile ricorrere della storia nel presente d’Italia

Sono spesso gli eventi minori quelli che, a volerli interpretare, ci restituiscono un’immagine più precisa delle situazioni e delle dinamiche nelle quali siamo immersi. Molto più di certi fatti eclatanti che, facilmente, sono relegabili nello straordinario.
Il caso del picchiatore fascista e mafioso di Ostia, nella sua plateale violenza, è uno di quei casi che si prestano ad essere rinchiusi nella categoria dell’eccezione, perché pochi possono riconoscersi in Roberto Spada.
Sono le storie minime, laterali, quelle che ci aiutano a percepire meglio l’essenza di cose. Spie che segnalano come vanno veramente le cose nell’opinione pubblica e nel discorso politico.
Prendiamo il partito guidato dall’onorevole Giorgia Meloni. Nei suoi vertici, sulla sua segretaria, aleggia un sentore di fascismo ma, per convinzione o convenienza, i diretti interessati allontanano da se ogni sospetto.
Le capacità dialettiche, il politicamente corretto, la prudenza verbale, dissimulano convinzioni profonde e scansano abilmente prese di posizione che potrebbero compromettere la conquista del potere, fine ultimo e imprescindibile di ogni organizzazione politica.
Certo le proposte di Fratelli d’Italia, il loro sovranismo e le politiche sociali che sostengono, entrambe in verità poco credibili considerando l’alleanza con un partito che ha nel suo statuto la secessione e con un altro guidato da un capitano d’industria organico al partito popolare europeo, rimandano a quella galassia politica ma , come scriveva Francesco de Gregori, “i nuovi capi hanno facce serene e cravatte intonate alla camicia”.
Quando ecco che il sindaco di Affile, un piccolo comune di 1.500 abitanti a 80 chilometri ad est della Capitale, esponente del partito della Meloni, si fa condannare in primo grado per la costruzione di un sacrario intitolato al gerarca fascista Rodolfo Graziani. Non uno semplice gerarca ma il governatore della Cirenaica, Vicerè d’Etiopia, comandante delle forze armate repubblichine, inserito dall’Onu nella lista dei criminali di guerra per i metodi utilizzati e per l’impiego di gas tossici contro la popolazione civile.
Ma queste, per il sindaco Enrico Viri e per il capogruppo regionale di Fratelli d’Italia, che si è affrettato ad esprimergli stima e solidarietà, sono accuse anacronistiche e dettate da livore ideologico.
Il sindaco, uscito vincitore dalle ultime elezioni amministrative con il 70% dei voti, si dice convinto che, dopo questa condanna, raggiungerà l’80% dei consensi.
Cosa che, probabilmente, accadrà.
Ed ecco che un fatto locale segnala, meglio di altri, che in tempi di crisi, quando la memoria latita e il futuro spaventa, il ritorno al buon tempo antico, al stavamo meglio quando stavamo peggio, diventa senso comune.

di Enrico Ceci

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