Crisi e cambiamento

La nostra epoca è segnata da chiaroscuri estremi: un mondo al limite della autodistruzione e il migliore dei mondi possibili si aprono difronte a noi, simili a un paradosso vivente difficile da risolvere. L’umanità, non per sua natura, è attratta dagli inferni quotidiani della autodistruzione, mentre rifugge e allontana l’armonia e l’amore, che è la sua natura, per incapacità di vivere il sentimento e le emozioni di pace, uguaglianza e fratellanza. Nel migliore mondo siamo “sorelli”. Nel peggiore mondo siamo rabbiosi.

Forse, la semplice verità è che noi esseri umani cerchiamo sempre il contrasto, perchè senza di esso la vita ci sembra impossibile. È nella percezione dei contrasti, dei chiaroscuri che la vita prende forma, colore, spessore, come avevano già compreso nell’antichità i cinesi che hanno usato il simbolo dello Yin e dello Yang per indicare il vivemte, l’esistenza. Noi possiamo dire di aver creato il contrasto estremo: l’inferno e il paradiso, dentro i quali ci muoviamo stressati e stanchi, senza amore, con rabbia e gelosia, perchè contronatura scegliamo l’inferno della vita. Siamo sorelli, ma lo rinneghiamo, a noi e al mondo. Siamo gli artefici del caos quotidiano, dentro il quale nuotiamo per non affogare, ma non arriviamo mai a riva. Siamo gli artefici della fame nel mondo, ma a parole partecipiamo la lotta contro la fame. Siamo gli artefici della guerra, ma a parole chiediamo la pace. Siamo gli artefici della corruzione, ma a parole invochiamo la politica della onestà.

Di certo la nostra è una epoca di crisi. Una drammatica crisi non solo economica, ma etica, morale e spirituale. Di nuovo penso alla cultura cinese, nella la parola crisi è un ideogramma composto da due parti: una che significa “pericolo” -in origine era rappresentato come un uomo sull’orlo di un precipizio- e una che significa “opportunità”, per ricordare che dietro ogni pericolo può celarsi una opportunità, sicuramente, aggiungo si nasxonde un cambiamento. La crisi è l’aspetto più difficile della fase di cambiamento che stiamo vivendo: ci si ritrova privi di coordinate culturali, a dover rivedere, analizzare e soppesare il nostro rapporto con i valori e i significati del mondo che ci circonda, e al temlo stesso dobbiamo scavare dentro di noi a profondità maggiori per ricreare un contatto con quella esistenza che pare scorrere -sempre per contrasto- più imperturbata di prima, paraddossalmente più armoniosa di prima, incurante più che mai dei nostri affanni. Siamo “sorelli”, non per contrasto, ma per scelta di vita, liberi e uguali.

Le domande di sempre si affollano in noi e ci colpiscono con una forza solo in parte mitigata da ammortizzatori culturali, religiosi, istituzionali. E la risposta non può essere qualcosa di sentito dire, una bella frase mutuata in qualche modo. Possiamo dire che siamo chiamati a vivere in prima persona la “sorellanza”: qui e ora. Dobbiamo riprendere contatto con quella parte di noi, caduta in disuso, semplicemente perchè dsta per scontata, o sostituita con quel sistema di abitudini, meccanismi di reazione, appartenenze culturali, sociali e di fede, condizionamemti e impulsi biologici, che in Oriente è riassunto nel termine “mente” e che in Occidente possiamo definire “pilota automatico”. È ora di disattivare il pilota automatico se vogliamo, in sorellanza, essere di nuovo liberi e uguali.

La sfida è facile, forse più facile che andare sulla luna o conquistare l’Everest. Ma al tempo stesso complessa, semplicemente perchè nessuno ci ha mai stimolato alla conquista della cima abissale che noi siamo (sorelli) e noi d’altra parte abbiamo dato per scontato che il senso e lo scopo del nostro esistere fossero altrove e non dentro di noi.

“Le persone viaggiano per stupirsi dell’altezza delle montagne, della potenza delle onde del mare, della lunghezza dei fiumi, del movimento circolare delle stelle:

e passano accanto a se stessi senza meravigliarsi”. (Sant’Agostino)

di Claudio Caldarelli

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