L’omicidio di Beppe Alfano a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1993

L’uccisione di Beppe Alfano, assassinato l’8 gennaio 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto, è ancora oggi una morte sulla quale non si è fatta pienamente chiarezza.
Il cronista, da sempre interessato alle vicende dell’imprenditoria locale, politiche, di massoneria, alla presenza di mafiosi sul territorio di Barcellona Pozzo di Gotto, fu assassinato, sulla sua auto, poco dopo essere uscito da casa con tre colpi di calibro 22. Da quel giorno ad oggi non si è fatto molto per mantenere viva nella memoria l’immagine e l’attività del giornalista e ancora sono in corso indagini e approfondimenti per comprendere fino in fondo le ragioni e chi furono i mandanti dell’omicidio. In galera sono finiti Antonino Merlino e Giuseppe Gullotti ma, grazie alle rivelazioni del pentito D’Amico, si sono forse aperti nuovi orizzonti su cui la magistratura può svolgere il suo lavoro.
E’ triste dover ammettere che un uomo all’età di 48 anni, nel pieno della sua vita, sia morto a causa delle sue indagini investigative, per un lavoro svolto con grande passione, finendo ben presto col non essere. dovutamente. ricordato.
E’ stata la figlia, Sonia Alfano, con la sua perseveranza, con il suo amore, a far conoscere la figura del padre, raccontandone, sempre, senza mai stancarsi. Perché Beppe Alfano è stato un uomo che avrebbe meritato e meriterebbe, ancora oggi, la nostra attenzione e conoscenza.
Tra le ragioni, sin dall’inizio ritenute possibili, del suo omicidio, l’aver scoperto che Nitto Santapaola godeva di qualche copertura nella città di Barcellona Pozzo di Gotto, riuscendo a nascondersi in qualche anfratto della città. Una copertura che rischiava di saltare a causa dell’intervento di Beppe Alfano le cui capacità pare lo avessero messo sulle tracce del latitante. E’ possibile ipotizzare che, a causa del suo acume, il giornalista fosse, inoltre, diventato fastidioso per quella fetta di società corrotta o collusa su cui dirigeva le sue attenzioni e denunce.
Pochi giorni fa il presidente Mattarella nel venticinquesimo anniversario dell’assassinio ha voluto ricordare la figura e l’impegno di uomo onesto e trasparente, il suo lavoro contro le variegate forme di malaffare e collusione, in una lotta impari in cui si fronteggiavano un uomo armato di parole e tanti, troppi interessi occulti in grado di uccidere. Un esempio, quello di Beppe Alfano, che “rafforza i principi fondanti della democrazia, nel comune impegno di soggetti istituzionali, cittadini e forze politiche e sociali contro ogni forma di barbarie e a garanzia della pacifica convivenza”.
Una battaglia per la libertà quella condotta dal giornalista che, da solo, è riuscito ad incutere timore a quei poteri che si muovono nell’ombra, che stringono accordi vantaggiosi con chi può dare loro protezione, che raccolgono sotto un’unica egida la schiera dei malvagi dei diversi ordini.
di Patrizia Vindigni

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